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La Compagnia delle arti visive di Messina,
allestirà il 23 dicembre alle ore 21 al teatro Vittorio Emanuele di
Messina, 1908
Underground 2008 nell'ambito degli appuntamenti per il Centenario del sisma. Si tratta di uno spettacolo
di video immagini e teatro danza, che proporrà una rievocazione degli
eventi del 28 dicembre con suggestioni percettive ed emotive che
affascineranno lo spettatore. Lo spettacolo mette infatti in luce la
dimensione psicosociologica delle vittime, custodi di una memoria che
giunge sino ad oggi. Portato in scena da trenta persone, tra
danzatori, attori e tecnici, dopo la prima di Messina, lo spettacolo,
patrocinato dal Comune e dall'Università di Messina, sarà riproposto in
altre città da dove provennero gli aiuti ai messinesi cento anni fa.
1908 – Underground - 2008, si ispira alle testimonianze scritte di
quanti, sopravvissuti al sisma del 1908, si adoperarono a narrare, le
vicende e gli accadimenti immediatamente successivi al disastroso
evento. Una presenza maschile riassume, nella formula del monologo
interiore, stati d’animo ed emozioni di quanti riuscirono a salvarsi.
Ad essa si affianca una figura femminile non sopravvissuta al tragico
evento e pertanto intangibile, lontana, sospesa fra perdita della
corporeità e dimensione spirituale.
Lo spettacolo ripropone, nella prima parte, la drammatica coincidenza,
che nella notte del 28 dicembre si verificò, tra i protagonisti
dell’Aida e gli abitanti di Messina, giacché la scena finale dell’opera
lirica rappresenta la tragica condizione di sepolti vivi dei
protagonisti, condizione che le persone del luogo avrebbero di lì a
poche ore realmente vissuto; pertanto la finzione scenica e la realtà
si fondono e confondono nella dimensione della tragedia. L’opera di
Verdi si costituisce così come tessuto connettivo in grado di generare
una condizione temporale sospesa tra ricordo, segni precorritori e
realtà del disastro. Le azioni sceniche si sviluppano attraverso una
comunicazione alterata del tempo, giacché l’esperienza della catastrofe
fu tale da travalicare ogni reale oggettivazione.
Volutamente la scelta teatrale ricerca, nell’instabilità delle azioni
sceniche, nella loro frammentarietà, nel continuo sovrapporsi di
dinamiche motorie, di immagini, di voci, di suoni, una sospensione
temporale nella quale il passato si sovrappone al presente, e i ritmi
convulsi della quotidianità cedono al ricordo.
Il vuoto fenomenico del tempo si materializza attraverso il percorso
astrattivo dei linguaggi scenici che i restituiscono, nelle loro
formule espressive, il senso di spaesamento che attanaglia l’uomo nella
sconcertante realtà dell’accaduto. Conseguentemente la rappresentazione
scenica dà visibilità alla persistente condizione interiore di
precarietà esistenziale, generata dalla dimensione di immanenza che il
terremoto simbolicamente assume nella consuetudine della nostra
quotidianità.
Nello sviluppo delle azioni sceniche il sisma si rivela metaforicamente
come totalità di eventi, come energia incontrollata in cui fenomeni,
emozioni e pensieri, cose e uomini perdono la loro identità, il loro
preesistente assetto razionale. La sua forza dirompente ed oscura
ristabilisce la condizione primigenia del caos e diviene inevitabile
premessa di una nuova esistenza. Assieme alla natura anche l’uomo
diviene dunque epicentro di un moto incontenibile di forze.
Le coreografie, le soluzioni teatrali e musicali, le suggestioni
scenografiche e video- scenografiche oscillano fra gli estremi della
forma e della non forma, fra la distruzione dell’ordine cartesiano e il
trionfo della realtà informale della materia, ribadendo la circolarità
di un processo inarrestabile in cui gli opposti, piuttosto che negarsi
reciprocamente, si succedono compenetrandosi.
Nella seconda parte dello spettacolo la pulsione di morte si rivela in
modo ora frammentario e individuale, ora primitivo e convulso.
La fissità degli sguardi, la rigidità dei corpi, i moti scomposti, la
ripetizione ossessiva dei gesti, vogliono rendere lo stato d’animo di
smarrimento e di incredulità, lo straniamento che è rifiuto
dell’ab-surdo, ed è disperata difesa di chi vive un’esperienza
incomprensibile nella sua atrocità.
Ciò avviene fino al momento in cui un personaggio femminile converte il
dolore inespresso in esperienza vissuta. Assieme alla sofferenza
esplode la paura, la rabbia, il senso di abbandono e di perdita che
trovano nella coralità della recitazione e del gesto liberatorio, la
forza della coesione che la catastrofe aveva spezzato. La
consapevolezza di ciò che è stato traspone il senso del dolore sul
piano di una coscienza collettiva attraverso la quale si riafferma la
volontà di esistere.
La vita, oltre la desolazione delle macerie, pulsa, incalza e si fa
materia, energia primordiale che obbedisce ad una oscura spinta
irrazionale alla quale è riconducibile anche la condizione subumana
scatenata dagli istinti irrefrenabili in grado di sconvolgere ogni
umano sentire. A questa realtà sommersa fa anche riferimento la
scenografia che restituisce sul piano visivo, oltre agli esiti della
tragedia, una dimensione urbana non sempre gradita alla nostra
coscienza. Oggi, a distanza di un secolo, il suolo su cui ci muoviamo
ricopre passate esistenze divenute materia. Underground chiede di
esistere sotto lo scorrere dei nostri passi che scandiscono il tempo
della vita di sempre.
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