Secondo la leggenda le Sirene sono una personificazione dei pericoli
del mare, demoni marini, forse metà donne e metà pesce; il loro padre
era il dio-fiume Acheloo e la madre la musa Melpomene, oppure la musa
Tersicore. Sono menzionate per la prima volta nell’Odissea, dove sono
in numero di due; tradizioni posteriori ne nominano quattro, oppure,
più spesso, tre, chiamate, nell’accezione più comune, Ligia Leucosia e
Partenope, dalla quale il nome antico di Napoli. Nella tradizione sono
musiciste squisite e, secondo Apollodoro, una suonava la lira, un’altra
cantava, la terza teneva il flauto.
Secondo la leggenda l’isola delle Sirene era posta lungo la costa
dell’Italia meridionale, al largo della penisola di Sorrento; con il
fascino della loro musica esse attiravano i marinai che passavano nelle
vicinanze; le navi si avvicinavano allora pericolosamente alla costa
rocciosa e si fracassavano; e le Sirene divoravano gli imprudenti.
Secondo la leggenda gli Argonauti passarono loro vicino, ma Orfeo cantò
tanto melodiosamente, che i marinai della nave “Argo” non ebbero voglia
di ascoltarle. Solo Bute si lanciò in mare, ma fu salvato da Afrodite.
Anche Ulisse solcò quelle acque ma, preavvertito da Circe, ordinò ai
suoi uomini di tapparsi le orecchie con la cera; lui stesso si fece
legare a un albero della nave, vietando ai compagni di slegarlo,
qualunque supplica avesse loro rivolto. La storia racconta che le
Sirene, indispettite dal proprio insuccesso, si buttarono in mare e
affogarono.
Circa la loro origine e le loro ibride sembianze, le versioni sono
diverse. Ovidio sostiene che un tempo esse erano donne comuni, ma
chiesero agli dei il beneficio delle ali, per cercare sui mari una loro
compagna rapita da Plutone. Secondo altri, erano state trasformate da
Demetra, quale punizione per non essersi opposte al rapimento di sua
figlia. Oppure che Afrodite le aveva private della bellezza, perché
disdegnavano i piaceri d’amore.
Nelle leggende successive furono considerate divinità dell’aldilà e per questo motivo sono spesso raffigurate sui sarcofagi.
Fin dal Quattrocento esistono racconti e cronache sul ritrovamento, in
varie parti del globo, di esseri anfibi con le caratteristiche delle
Sirene, che, per lo più, non riescono a sopravvivere a lungo. Certo
colpisce che l’argomento entri in archivi storici, come i reali archivi
del Portogallo, a causa dell’aspra contesa nata fra i reali e il Gran
Maestro dell’Ordine di San Giacomo sulla proprietà delle sirene trovate
abbandonate sulle spiagge del Gran Maestro, lite conclusasi a favore
del re.
Nella Finlandia occidentale, nel 1430, essendosi rotte le dighe per la
furia del mare, alcune fanciulle ritrovarono una sirena restata
impacciata nel fango: le insegnarono a mangiare e a filare, ma non
parlò mai e visse due o tre anni.
Nel 1531 fu donata a Sigismondo re di Polonia una sirena presa nel
Baltico che visse tre giorni. Nel 1560 pescatori di Ceylon raccolsero
sulla costa sette sireni maschi e sette femmine e nella Storia della
Compagnia di Gesù si aggiunge che Dimas Bosque, chirurgo del viceré di
Goa, ne notomizzò alcune che trovò conformi alla specie umana. Nel 1610 il capitano Riccardo Whitbourne nel porto San Giovanni a
Terranova vide una sirena che nuotò avanti a lui sorridendo, simile
affatto ad una donna.
Un’altra nel 1671 fu vista presso la Martinica, e con atto notarile due
francesi e quattro negri attestarono che essa si fregò le mani sul viso
e starnutì.
I giornali del 1737 riferiscono che ad Exeter, dietro pagamento, si
mostrava una sirena; nel 1750 uguale esibizione si tenne alla fiera di
San Germano a Parigi dove una sirena veniva nutrita di pane e
pesciolini dentro la sua vasca.
Due anni prima se ne erano fatte vedere due, ma impagliate. Il Mercure
de France raccontò nel 1762, che due fanciulle di Noirmoutiers
sorpresero una sirena in una grotta, dal seno molto sviluppato, naso
schiacciato, un po’ di barba, coda di pesce desinente in una specie di
piede.
Nel settembre 1749 una sirena fu pescata nello Jutland; l’anno dopo i
pescatori di Jona presero una sirena, ma poiché rifiutava di mangiare,
temendo che potesse morire, la gettarono nuovamente in mare, ascoltando
però quel che disse alle sue compagne: alla domanda su cosa avesse
visto di notevole fra gli uomini, rispose “Nient’altro, se non che sono
così sciocchi da buttar via l’acqua in cui cossero le ova”.
Il 22, gennaio 1809 Elisabetta Mackay, figlia di un ministro scozzese,
vide una sirena e la descrisse, e il fatto fu convalidato dal suo
maestro; due anni dopo un’ altra comparve sulla spiaggia di Kentyre a
Catarina Loynachan e a Giovanni Mac-Isaac.
Nel 1823 ne fu portata una viva a Londra e tutti i dotti la visitarono:
si decise di maritarla per perpetuarne la specie e si trovò un ragazzo
che, per denaro, s’adattava all’ esperienza, ma la sirena morì.
Dieci anni prima Forbes, nelle Memorie sull’Oriente pubblicate appunto
a Londra nel 1813, assicura che esistono sirene sulla costa dell’Africa
orientale lunghe da due a quattro metri: testa e viso umani, naso e
bocca di maiale, pelle fina e morbida, collo, seno e corpo da donna,
poi desinit in piscem; invece dell’avambraccio natatoie. Quando sono
prese a Mombaza sono fatte a pezzi e vendute come gli altri pesci.
Torna alla mente il capitolo n pranzo del generale Cork in quello
straordinario documento del dopoguerra a Napoli e dintorni che è La
pelle di Curzio Malaparte: quando, essendo stata proibita la pesca nel
golfo dagli Alleati, viene portata a tavola nel pranzo in onore di Mrs.
Flat una Sirena, ultimo esemplare del celebre Acquario napoletano, cui
già si era attinto per precedenti pranzi ufficiali, si specifica fra
parentesi un esemplare assai raro di quella specie di “sirenoidi” che,
per la loro forma quasi umana, hanno dato origine all’antica leggenda
delle Sirene. Il piatto, ovviamente, fece inorridire i convitati!
Le cronache ricordate, pur suscitando scetticismo e incredulità,
valgono a farci riflettere su come l’argomento abbia sempre coinvolto e
affascinato anche i naturalisti, i quali hanno continuato a chiedersi
se potessero vivere creature anfibie e ve ne sono stati di quelli che
non hanno esitato a confermarne l’esistenza, adducendo di averne avuto
personale esperienza. Anche se vengono sottolineati talvolta aspetti
fisici sgradevoli in questi ritrovamenti, pure nella memoria collettiva
è sopravvissuto il ricordo dell’antico richiamo cui non si poteva non
cedere e il nome Sirena continua a evocare l’immagine di una donna
dall’irresistibile fascino.
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