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La mostra Caravaggio e Rubens si terrà al Museo Regionale a fine gennaio e resterà
aperta per due mesi. In esposizione i dipinti, entrambi realizzati
quattrocento anni fa, nel 1608, L´adorazione dei pastori di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, che si trova al Museo Regionale di Messina, e l’adorazione realizzata da Pietro Paolo Rubens,
custodita al Museo di Fermo (Ascoli Piceno)
Il sindaco di Messina, on. Giuseppe Buzzanca, e l´assessore alle Politiche culturali, on. Giovanni Ardizzone, con il sindaco di Salemi, on. Vittorio Sgarbi, hanno presentato, nella Chiesa di S. Maria Alemanna, la mostra Caravaggio e Rubens. Alla conferenza stampa
sono intervenuti l’esperto per le politiche culturali, on. Luciano Ordile, e l’assessore alla Cultura del Comune di Salemi, Peter Glidewell.
Nel corso dell’incontro l’on Sgarbi ha anche parlato del suo nuovo
libro «Clausura a Milano e non solo, da Suor Letizia a Salemi».
A Salemi, di passaggio verso Messina, l’Adorazione dei pastori di Pietro Paolo Rubens, capolavoro scoperto a Fermo da Roberto Longhi, arriverà il 31 dicembre. Il dipinto fu commissionato a Roma nel 1608 da padre Flamiano Ricci,
su richiesta dei padri Filippini di Fermo. Inviando un dipinto «a
scatola chiusa», senza discutere con i committenti e senza conoscere il
luogo cui era destinato, Rubens sceglie un’ambientazione notturna, come
nella Natività dipinta da Caravaggio a Messina lo stesso anno. Rubens
si immedesima a tal punto in Caravaggio da anticiparlo. Non lo ha
visto, non lo ha incontrato, ma lo sta interpretando. È uno dei più
straordinari transfert della storia dell’arte. Così Rubens illumina
prima di tutto il volto della Vergine, e poi, con diverse gradazioni,
quello degli abbagliati, sconcertati pastori, che assistono all’evento.
Il nodo degli angeli, galleggianti nell’aria, richiama gli spericolati
angeli in picchiata delle sette Opere di misericordia di Caravaggio a
Napoli. Ma come poteva Rubens conoscere opere dipinte a Napoli o in
Sicilia?
Certamente doveva essergli arrivata l’eco di invenzioni tanto
innovative. Se noi conoscessimo, di Rubens, soltanto la natività di
Fermo, ci configureremmo un pittore di stretta osservanza caravaggesca,
«fiammingo ma da putto allevato in Roma». Vi sono in essa, infatti, una
grande coerenza organizzativa e una perfetta unità di azione che,
attraverso Caravaggio, aprono lo spazio barocco. È notevole che questo
esordio italiano di Rubens avvenga quando ancora Caravaggio è vivo.
Mentre Caravaggio viene rifiutato dai committenti nella Morte della
Vergine, per avere rappresentato «con poco decoro la Madonna gonfia e
con le gambe scoperte», interpretando le ragioni più autentiche del
Cristianesimo, Rubens lo capisce benissimo e ne condivide la visione.
Così nel 1607 acquista il grande dipinto per il duca di Mantova. È in
quel momento che Rubens diventa Caravaggio. A quattrocento anni di
distanza, attraverso le opere nelle quali vive lo spirito degli
artisti, Caravaggio e Rubens si incontreranno a Messina, cent’anni dopo
il terremoto che, all’alba del 28 dicembre 1908, sconvolse la città. E
minacciò di cancellare anche l’opera di Caravaggio che Rubens avrebbe
voluto vedere. L’Adorazione dei pastori, appunto, dipinta per l’Altare
maggiore di Santa Maria la Concezione in contrada della Verza. Un’opera
che sembra pensata per essere vista da Rubens, un notturno povero, con
il gruppo dei pastori e san Giuseppe in adorazione della Madonna e del
Bambino distesi a terra sulla paglia sotto la «capanna rotta e disfatta
d’assi e di travi». Finalmente Rubens incontra Caravaggio. Ma quando
crede di averne rubato l’anima, Caravaggio è già più lontano; non si
diverte con gli effetti speciali, con la luce che dal basso riverbera
sul gruppo d’angeli come era stato nelle Opere di misericordia. Rubens
si impegna, gioca con le luci strisciate, con i chiaroscuri. Caravaggio
ormai non si compiace di virtuosismi «caravaggeschi». Ripensa il
Vangelo e rinuncia a ogni artificio con una sconvolgente semplicità.
Rubens esibisce una bravura esagerata, trionfante. Caravaggio anticipa
miracolosamente la sensibilità dei «vinti» di Malavoglia.
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