Mi piace tanto quella pianta e così la faccio crescere per qualche mese, e poi la taglio.... è quello che ha pensato chi, amante di piante esotiche per la loro bellezza, ha letto la sentenza della cassazione che annulla centinaia di condanne sulla coltivazione di marijuana.
La Cassazione allenta la repressione penale nei confronti di chi
coltiva marijuana e afferma che, se le piantine non sono mature e non
contengono dunque principio drogante, allora il coltivatore non può
essere condannato. Solo qualche mese fa le sezioni unite di Piazza
Cavour avevano stabilito che la coltivazione di cannabis costituisce
sempre reato anche se si tratta di piccole produzioni domestiche.
"Con
questa decisione - sentenza 1222 della IV Sezione penale - la
Cassazione ha annullato con la formula "perché il fatto non sussiste"
la condanna a un anno quattro mesi di reclusione e 3.500 euro di multa
inflitti, dalla Corte d'Appello di Ancona, nel 2003, a Domenico N., un
piccolo 'produttore' al quale le forze dell'ordine avevano trovato, in
un campo vicino a casa sua, 23 piantine di cannabis. La consulenza
tossicologica aveva spiegato che "le piantine avevano attecchito nel
terreno e, se lasciate giungere a maturazione, avrebbero prodotto una
notevole quantità di principio attivo". Secondo i giudici di Ancona la
coltivazione di marjuana costituisce sempre reato e rappresenta un
elemento di pericolo sociale e per la salute dei consumatori. Ma la
Cassazione non è d'accordo e - stracciando la condanna - sottolinea che
"l'intervento punitivo dello Stato" deve esserci solo quando è
concretamente minacciato il bene della salute. In caso contrario "il
giudice, guidato dai principi di ragionevolezza della pena in presenza
di una condotta offensiva, deve chiedersi se possa esercitare il potere
punitivo dello Stato, sacrificando la libertà personale, per tutelare
il bene delle salute, dinanzi a una offensività non ravvisabile neanche
in grado minimo". I supremi giudici ricordano che altre sentenze dello
stesso 'Palazzaccio' hanno condannato la coltivazione e il possesso di
droghe prive di principi attivi in nome delle tutela della salute,
delle sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché a favore del "normale
sviluppo delle giovani generazioni" che tuttavia sono - conclude la
sentenza depositata oggi - "beni non presenti esplicitamente nella
Costituzione, ma che ricorrono come valori guida di scelte di politica
criminale (prevalentemente contingenti, per ricorrenti 'emergenze')".
Fonte:Ansa
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