Una interessante ricerca condotta all’Università di Sheffield
dimostra che gli uomini poligami vivono più a lungo di quelli monogami. Lo studio, effettuato su soggetti ultrasessantenni di 189 Paesi, mostra che
nelle 140 nazioni dove è permessa la poligamia, gli uomini vivono il 12 per cento in più che nelle 49 nazioni a cultura prevalentemente monogama. I due autori della ricerca, Virpi Lummaa e Andy Russell, hanno recentemente presentato lo studio alla Conferenza annuale della International Society for Behavioral Ecology di New York. Secondo i ricercatori, gli uomini monogami, una volta vedovi, tenderebbero a lasciarsi andare con più facilità, mentre l’uomo poligamo può sempre contare sulle altre mogli. In secondo luogo, un uomo che ha più mogli ha anche più figli ed
il fatto di avere dei bimbi ancora da accudire oltre i sessant’anni
rende l’uomo più motivato psicologicamente ad aver cura di sé stesso. P
oi c’è il «grandmother effect», già studiato e identificato da Virpi Lummaa. Lo studioso ritiene che, nell’evoluzione della specie umana, il ruolo delle nonne
sia stato fondamentale poiché i figli di madri ancora in vita tendono a
fare più figli e ad intervalli minori tra l’uno e l’altro. Le donne
anziane infatti aiutano la prole a riprodursi, propagando così i propri
stessi geni. Ovviamente nel maschio poligamo questo fattore benefico
sarebbe ulteriormente amplificato. Chi vive lontano dal suo Paese di origine tuttavia, riesce con
difficoltà a costruirsi una famiglia con più mogli, perché, come si sa,
nei Paesi occidentali la poligamia è reato.
Il teologo islamico Jamal al Banna
è salito recentemente agli onori della cronaca per aver individuato una
efficace soluzione: sposarsi e poi divorziare, ma solo sulla carta. In
questo modo, assicura il teologo, si possono rispettare le leggi del
Paese ospitante e non far torto ad Allah. Nel mondo musulmano tuttavia vi sono crescenti dissensi
sulla poligamia, rappresentati in particolare da movimenti di donne che
reclamano i loro diritti. Per chi si interessa della situazione delle
donne in un Paese islamico, c’è da seguire l’interessante Blog della
giornalista Delphine Minoui ,
corrispondente da Teheran per Le Figaro. Dalle immagini e dai testi
presenti nel Blog si può capire che la situazione delle donne nei Paesi
musulmani è oggi un vero e proprio “caos calmo”. Apprendiamo dunque che recentemente il movimento delle donne in Iran
è riuscito ad annullare una proposta di legge volta a facilitare la
poligamia. Obiettivo principale di questa legge, presentata all’inizio
dell’estate da alcuni deputati conservatori era legalizzare la
possibilità, per l’uomo, di scegliersi una seconda moglie all’insaputa della prima.
Unica condizione posta al marito: « necessità di provare di poter intrattenere le sue molte spose e trattarle in maniera equa ». Ufficialmente la
poligamia non è proibita in Iran, anche se non è molto diffusa. La
novità della legge contestata era nel fatto che il marito, per sposare
una seconda donna, non aveva più da chiedere ed ottenere il permesso
della prima. Una cosa davvero inaccettabile, in un Paese dove una donna che tradisce il marito è passibile di incorrere nella pena di morte. Per di più, la proposta tentava di ottenere una tassa sulla dote che le spose sono obbligate a portare al marito. Il troppo è troppo e questa volta si sono mossi anche alcuni
ayatollah per contestare questa proposta di riforma del diritto di
famiglia. Una vittoria per le femministe irachene
dunque, anche se un’altra notizia oscura la felicità per la prima: una
condanna a sei mesi di prigione per quattro attiviste (Mariam
Hossein-khah, Nahid Keshavarz, Jelveh Javaheri et Parvin Ardalan), che
stanno conducendo una raccolta di firme per la parità fra uomini e donne. Come vedete, per i diritti delle donne nei contesti non solo sociali, ma anche familiari, la strada è ancora in salita.
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