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Gianpiero D'Alia, senatore dell'Udc e membro della
Commissione Antimafia, si rivolge prima al Social Network per chiedere la
cancellazione dei gruppi che inneggiano ai mafiosi, e poi ai politici
sbarcati su Facebook.
"La presenza su Facebook di gruppi inneggianti a Totò Riina
- così di esprime il senatore - ad altri boss mafiosi è una vergogna che ci indigna profondamente,
cosi come le motivazioni che spingono i responsabili del social network
a non cancellarli".
Gianpiero D'Alia,
in merito allo "scandalo" che ha coinvolto la comunità on-line di FaceBook attacca giustamente il network in quanto, da alcune settimane, sono comparsi gruppi a
sostegno di mafiosi illustri come Totò Riina e Bernardo Provenzano.
"Chiediamo - dice D'Alia - l'immediata
rimozione dei gruppi e degli utenti che offendono la memoria delle
vittime di mafia e i loro familiari: se ciò non accadesse, sarebbe
opportuno che tutti, politici in testa, si cancellassero da Facebook".
Tra i vari gruppi creati (361 membri) ve ne uno veramente da schifo che dice: "Scarceriamolo, è una bandiera per il nostro paese, tutto il mondo ci teme
grazie a lui ed è per questo che ci rivolgono rispetto... SCARCERIAMO
TOTO".
Altro gruppo, con titolo "Bernardo Provenzano fan club", pubblicizza il sito di Bernardo Provenzano (http://www.bernardoprovenzano.net/) e, pensate un pò, ha ben 674 iscritti. Non c'è un introduzione al gruppo ma già il fatto di creare, o peggio, pubblicizzare un sito di un mafioso è veramente osceno. E poi c'è pure il Gruppo Corleone (corredato dell'iconografia della saga
de Il padrino) che vanta 3.850 fan. Non sembra solo un gioco a leggere
alcuni messaggi degli iscritti al club di Riina dove si applaude
apertamente alla mafia con insulti e minacce a chi si inserisce per condannare l'iniziativa.
Dalle pagine del Corriere.it si leggono alcuni commenti: Oggi ricorre
il venticinquesimo anniversario dell'omicidio di Giuseppe Fava, il
giornalista fondatore de I Siciliani ucciso dalla mafia il 5 gennaio
del 1984 a Catania. «Per mia indole sono contrario a ogni forma di
censura anche per chi esprime idiozie per Riina», dice il parlamentare
europeo Claudio Fava, figlio di Giuseppe. «Piuttosto, se su Internet ci
sono forum dove si costruisce la mitologia della mafia, significa che
questo Paese è malato e il malessere che c'è in queste conversazioni,
chiamiamole così, mi spaventa. Quando fu arrestato Giovanni Brusca un
professore di una scuola di San Giuseppe Jato mi raccontò che alcuni
suoi studenti si fecero crescere la barba come Brusca. Quei ragazzini
non erano mafiosi ma il mafioso era diventato un mito felice. Oggi
Facebook è lo specchio di questa realtà. Consiglio di vistare il sito a
chi considera la lotta alla mafia un capitolo chiuso». Anche Michele
Costa, figlio di Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo assassinato
da Cosa Nostra 27 anni fa, non chiede la censura per Facebook: «Il
problema non sono le foto e le dichiarazioni ma che c'è gente che
scrive questi messaggi. Mi fa riflettere su qual è lo stato
dell'educazione alla legalità in Italia. La mafia è stata trasformata
in una sorta di film western e l'antimafia è diventata qualcosa di sola
facciata. Ma censurare significa trasformare questi deliri in atti
eroici».
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