Un tempo, in tutta la Sicilia, vi erano numerosi mulini idraulici impiantati lungo i corsi dei fiumi. Difficili oggi da riconoscere e per lo più nascosti e abbandonati avvolti in una lussureggiante vegetazione i mulini erano economicamente strategici e venivano spesso attaccati perchè principale sostentamento per la popolazione era la farina.
Essi decaderro dopo la nascita dei mulini elettrici e perchè, molti fiume e torrenti venivano deviati per le esigenze idriche dei centri abitati.
Nell'antichità per molire il grano si usava l'energia umana prodotta dal lavoro degli schiavi e delle donne "..Figliola di Babilonia, non continuerai più a chiamarti Morbida e Delicata. Metti mano alle macine e macina la farina.." (Isaia 47,2) ma ben presto l'ingegno umano trovò il modo di utilizzare l’energia prodotta dall'acqua e dal vento.
La forza dell'acqua, imbrigliata in numerosi meccanismi sostituì le braccia umane.
La principale fonte inanimata di energia dell'antichità fu dunque il cosiddetto mulino greco, costituito da un asse di legno verticale nella cui parte bassa vi era una serie di palette immerse nell'acqua. Tale tipo di mulino venne usato principalmente per macinare il grano: l'asse passava attraverso la macina inferiore e faceva ruotare quella superiore a cui era solidale. Mulini di questa specie richiedevano una corrente di acqua rapida ed avevano certamente avuto origine nelle regioni collinose del Vicino Oriente, anche se Plinio. Tali mulini avevano in genere dimensioni contenute ed erano piuttosto lenti, la macina infatti girava alla stessa velocità della ruota, essi erano quindi adatti a macinare piccole quantità di grano ed il loro uso era puramente locale. Tuttavia essi possono essere considerati i precursori della turbina idraulica ed il loro uso è durato ininterrottamente per più di tremila anni.
Progettata per la macinazione del grano, la ruota era collegata alla macina mobile per mezzo di ingranaggi Più tardi si provò che una ruota alimentata dall'alto era più efficiente, in quanto sfruttava anche la differenza di peso tra le tazze piene e quelle vuote. Tali ruote, benché più efficienti, richiedevano un considerevole impianto aggiuntivo per assicurare il regolare rifornimento idrico: comunemente si arginava il corso d'acqua in modo da formare un bacino, dal quale un canale di scarico portava un flusso regolare alla ruota. lignei. I primi mulini di questo tipo erano del tipo "con l'acqua che passa sotto".
Plinio, (I sec. d.C.), nei sui scritti testimonia, durante il tempo di Augusto Ottaviano (63 a.C. – 14 d.C.), la costruzione in Italia di numerosi mulini ad acqua che sfruttavano ruscelli e corsi d’acqua, che si sarebbero poi diffusi in tutto l’Impero. Tra il III-IV sec. d.C. vi erano tre tipi di mulino: mulino a mano, mulino ad animale, il mulino ad acqua.
I mulini ad acqua erano posti a cascata lungo i corsi dei fiumi a circa 100- 200 metri l'uno dall'altro, qui giungevano i contadini con i muli carichi di grano che dovevano attendere molte ore per il loro turno di macina, addirittura a volte succedeva che facessero notte nell'attesa che il mugnaio consegnasse loro la farina. Il mugnaio era colui che gestiva il rito di trasformazione del cereale in farina, regolando la quantità di grano da macinare, dipendente dal carico dell'acqua, sia la giusta pressione da dare alle macine per ottenere la giusta granulosità della farina che doveva essere né troppo fine né troppo "semulusa".
L'acqua veniva convogliata, attraverso un canale in muratura detta Saia, accumulata e scaricata nella "botte di carico", a volte alta anche più di dieci metri, raggiungeva il locale inferiore dell'apparato detto guarraffo dove veniva indirizzata a forte pressione da una canaletta detta cannedda sulle pale della ruota orizzontale. Sotto la spinta dell'acqua, nel locale superiore dove alloggiava il vero e proprio apparato, attraverso un giuoco di ingranaggi, la macina soprana ruotante su quella sottana fissa che triturava la granaglia che veniva riversata nella tramoggia e convogliata nel foro centrale della mola soprana. Il grano man mano che veniva molito dalle macine, opportunamente scalpellate con opportuni incavi disposti a spirale favorivano la fuoriuscita della farina che veniva raccolta in un apposito accumulatore detto cascia.
Le macine di pietra pur avendo speciali requisiti di durezza ed omogeneità di struttura, richiedevano continui lavori di scalpellamento, con apposite martelline. Per rimuovere le pesanti macine dalla loro sede si usava la mancina.
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