Il Thc è il principio attivo più importante tra il centinaio di principi attivi, dei quali circa
una sessantina appartengono alla classe dei cannabinoidi. Al delta-9-tetraidrocannabiolo, la cui sigla
è Thc, si devono la maggior parte delle azioni curative
della pianta.
La cannabis sativa contiene
anche altri cannabinoidi: il delta-8Thc, che non è psicotropo,
ma che sembra avere anch'esso proprietà curative che aiutano a contrastare il vomito in particolare
nei bambini malati di leucemia, e il cannabidiolo, capace di contrastare
le convulsioni.
Di recente, è stato scoperto
che nel cervello umano esistono dei recettori specifici per i cannabinoidi
e che il nostro organismo produce una sostanza chiamata anandamide, in grado
di interagire con questi recettori. Ciò ha permesso di scoprire
l'esistenza di un vero e proprio "sistema cannabinoide endogeno",
il cui ruolo all'interno dell'organismo non è ancora
chiarissimo, ma il cui studio permetterà di capire i meccanismi che
sono alla base delle proprietà curative dei cannabinoidi. Ciò che non si sà ancora sono le
principali azioni farmacologiche che il Thc ha sul cervello.
Principalmente e in maniera molto generale, vi è una notevole
diminuzione della sensibilità al dolore.
Utile, il thc, come analgesico
nei confronti di disturbi come l' emicrania o i dolori mestruali. Come
analgesico, in quest'ultimo caso, il Thc è adatto in quanto ha anche
una funzione miorillassante, cioè decontrae i muscoli. Inoltre, il Thc
ha un'azione antinfiammatoria, quindi, è utile anche in altri tipi di
dolori come quelli dovuti ai reumatismi. I cannabinoidi hanno sui
muscoli un effetto miorilassante e antispastico, di conseguenza aiutano
a decontrarre la muscolatura, tra i principali sintomi di malattie come
la sclerosi multipla o il morbo di Parkinson. Da un punto di vista
clinico, i recettori per il cannabinoidi Cb1 sono concentrati
maggiormente nei gangli basali e nel cervelletto, cioè nelle aree del
cervello deputate alle funzioni motorie.
I cannabinoli hanno effetto broncodilatatore,
cioè aiutano a dilatare i bronchi e facilitando la respirazione.
Questa proprietà potrebbe essere sfruttata da chi soffre di asma fermo restando che comunque il fumo
danneggia comunque i polmoni.
Quell'insieme di cure a base di farmaci chimici che si usano per combattere i tumori. Gli effetti collaterali che accompagnano questo trattamento sono spesso molto pesanti. I farmaci estratti dalla cannabis aiutano ad alleviare alcuni degli effetti collaterali, in particolare il vomito e la nausea.
Recenti studi hanno anche dimostrato che un cannabinoide sintetico, il dronabinolo, riesce anche a stimolare l'appetito, producendo un significativo aumento di peso, nelle persone malate di Aids e colpite dalla cosiddetta sindrome del deperimento. I derivati della cannabis non interferiscono con i farmaci antivirali, cioè quei medicinali utilizzati per combattere i virus come l'Hiv, che provoca l'Aids.
Il glaucoma, essendo un serio disturbo della vista
caratterizzato dall'aumento della pressione intraoculare, potrebbe essere curato dal delta-9-Thc che sembra
essere utile in quanto riuscirebbe a diminuire la pressione
interna.
Il
morbo di Alzehimer, quello di Parkinson, la corea di Huntington, sono
tutte malattie definite neurodegenerative perché sono provocate da una
degenerazione delle cellule nervose. Studi condotti da un ricercatore
italiano, Maurizio Grimaldi, hanno scoperto che il cannabidiolo, un
componente non psicoattivo della cannabis, aiuta a proteggere le
cellule del cervello.
Il cannabidiolo sembra avere anche proprietà anticonvulsionanti, cioè che aiutano a combattere le convulsioni, uno dei sintomi più comuni dell'epilessia. Alcuni malati sostengono che il cannabidiolo li ha aiutati a superare con più facilità le convulsioni.
Negli Usa, in Israele, in
Germania, in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi esistono due cannabinoidi
sintetici già in commercio: il dronabinol e nabilone. Questi
farmaci vengono venduti dietro presentazione di ricetta medica per curare
gli effetti collaterali della chemioterapia e per stimolare l'appetito
nei malati di Aids. L'istituto di medicina dell'Accademia nazionale delle
scienze degli Stati Uniti ha riconosciuto ufficialmente
i benefici derivati dalla cannabis nella cura di determinate malattie.
Nello stesso documento l'Accademia americana ha portato all'attenzione
del mondo scientifico il problema della ricerca di una somministrazione
della cannabis diversa dal fumo. Difatti, l'inalazione dei cannabinoidi tramite il fumo
provoca danni simili a quelle delle sigarette che vanno da una semplice
irritazione delle vie respiratorie a problemi molto più seri,
come il tumore ai polmoni. Per questo la comunità scientifica
internazionale sta cercando metodi di somministrazione alternativi al
fumo che, nelle persone malate, ha effetti ancora più nocivi.
Si parla di utilizzare delle pillole ma
l'assorbimento attraverso il tratto grastrointestinale è molto
lento e gran parte del principio attivo viene inattivato dal passaggio
nel fegato. Un'altro modo di somministrazione che si sta sperimentando
è quello inalatorio, cioè i principi attivi della cannabis
vengono inalati modello aerosol. Allo studio anche cerotti.
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