Messina City - Messina e la sua storia
Nello stesso 1194, nasceva Federico II, figlio di Federico Barbarossa, sacro romano imperatore, ma con il sangue materno di una normanna, Costanza d'Altavilla, la figlia del grande Ruggero II.
Il grande Federico II fece poi ritornare il "sole"
in Sicilia. Il periodo più "luminoso" dell'Isola.
Il dominio della Sicilia appartenne per lungo tempo ai
Normanni e da costoro passò poi alla casa di Svevia perché Costanza, unica
erede, aveva sposato l’imperatore Federico di Svevia detto Barbarossa. Con il
figlio Federico II e la "Scuola poetica siciliana" specialmente
Messina e poi tutta la Sicilia toccarono cime ineffabili di
splendore.
Al contrario dei Normanni, gli Angioini furono prepotenti, oltraggiatori, rapaci e despoti, tanto che la loro cacciata si risolse con la rivolta di Pasqua del 1282 ricordata come i “Vespri Siciliani”. I francesi che riuscirono a fuggire all’eccidio di Palermo si rifugiarono a Messina, ma il popolo messinese il 28 aprile 1282 insorse e la rivoluzione fu realizzata al grido di << morte ai francesi. Morte a chi li vuole.
Il 25 luglio 1282 Carlo d’Angiò sbarcò a Messina con tutto
il suo esercito di ben 70.000 uomini, tra cui Francesi e Guelfi di tutte le
città. Cominciò l’assedio che durò fino al 26 settembre, tra i più memorabili
poiché dimostrò il coraggio dei messinesi.
Fra le tante scaramucce e combattimenti il più importante fu quello dell’ 8 agosto nel quale i francesi cercavano di aprirsi un varco nel colle della Caperrina (Montalto), ma furono fermati in tempo grazie al coraggio e alle strategie del Generale Alaimo da Lentini. Durante la notte però i francesi tornarono all’assalto, ma furono scoperti da una pattuglia di donne fra le quali Dina e Clarenza, queste prima destarono tutti suonando fragorosamente le campane, poi incitarono le compagne a rotolare sassi sui nemici. Svegliati i combattenti e accorsi tutti alle armi, i francesi furono respinti. Per questo fatto la torre della Caperrina fu detta da quel giorno in poi Torre Vittoria.
Questa pagina fu tra le più memorabili perché i soli
messinesi sconfissero un esercito ben armato e agguerrito, e tra le più
importanti perché dimostrò l’ideale patriottico dei peloritani che pur di
aiutare la sorella Palermo non accondiscesero ai privilegi che i Francesi le
volevano concedere. Famosa la celebre frase del valoroso Baldovino
Mussone: “Dite al Vicario che Messina non ha altri interessi da salvaguardare
che quelli di tutta la Sicilia, e che essa tra la supremazia straniera e
l’accordo con le altre città sorelle non ha esitato giammai. E perciò né
speranze, né timori, potrebbero mai farle mutare la sua condotta.”
Alla fine dei combattimenti dei Vespri, Messina rimase
sola ed i Francesi presero di mira le sue mura. Nasce anche una Poesia popolare
che dimostra il grandissimo valore dell donne messinesi che aiutavano i propri
mariti nella lotta contro il nemico oppressore: Dhe! Com'egli gran
pietate. Delle donne di Messina veggendole scarmigliate tirare pietre e
calcina. Iddio gli dea Briga chi Messina vuol guastare.
Da questi episodi nacque la leggenda della Dama Bianca:
I francesi vedevano aggirare sulle mura una donna tutta
vestita di Bianco risplendente di luce misteriosa. Essi affermavano che quella
Dama durante la battaglia ricopriva con un gran velo le mura e questi atterriti
non potevano sostenere la sua presenza e trafitti da strali letali cadevano
colpiti a morte. I messinesi in questa donna riconobbero la presenza della
Madonna che ancora una volta li proteggeva, come dimenticare la solenne frase
che sempre ha accompagnato i messinesi durante le prove più dure: Guerre,
Carestie, fame e terremoti:“Oh della lettera Madre Regina Salva Messina, Salva
Messina”.
La guerra tra i Siciliani e gli Angioini durò fino al 31 agosto 1302, epoca in cui fu sottoscritta la pace tra Federico d’Aragona e Carlo II d’Angiò, con la quale veniva restituita la libertà alla Sicilia sotto il governo spagnolo.
Nel 1400 a Messina governa l’arte con il grande Antonello
che introdusse per primo in Italia la pittura ad olio che importò dai
fiamminghi, ed anche la prospettiva. Si pensa che suo studio era in prossimità
del Monastero di Montevergine di Santa Eustochia che, si dice,egli conobbe
personalmente. Si pensa che la sua tomba si trovi tra le rovine della chiesa di
Santa Maria del Gesù Superiore, confinante con il torrente Giostra, dove sono
stati rinvenuti i ruderi di una antica abbazia.
Dal porto di Messina, sotto il comando di Don Giovanni d’Austria, figlio di Carlo V, partì l’armata cristiana, formata dalle navi di Spagna, Napoli, Sicilia, Venezia, Genova, Malta e da quelle del Papa, la mattina del 7 ottobre 1571 affrontò la flotta turca nelle acque di Lepanto, presso le isole Curzolari, in un memorabile combattimento che finì con la disfatta dei turchi.
A questa grande vittoria navale resta collegato il nome della città di Messina, non solo per avere ospitato nel porto prima e dopo la battaglia la flotta cristiana, ma per la parte avuta, in quello storico scontro, dai suoi cittadini. Fra tutti si ricorda Vincenzo Marullo, che vi partecipò con due galere armate, Pietro Marquett, che ebbe sotto i suoi ordini 18 galeotte. Si ricordano ancora i nomi di Giangiacomo e Pietro Gallo, Francesco Zappata.
Tornato in Messina Don Giovanni d’Austria fu accolto da
trionfatore ed il Senato ordinò che in suo onore fosse eretta un porta che
ricordasse quel luogo da cui era entrato in città, e che fu detta perciò Portareale.
Allo scultore Calamech fu commessa una statua in bronzo del principe. In un
primo tempo la statua trovò collocazione davanti a Palazzo Reale e diede per
questo il nome di Via Austria a quella che adesso si riconosce con il toponimo
di Via I° Settembre. La statua di Don Giovanni fu prima trasferita in Piazza
Annunziata, poi in Via Lepanto, dove è ancora oggi. Alla base della statua dei
bassorilievi in bronzo uno dei quali raffigura la pianta di Messina alla fine
del XVI secolo.
Vista la pronta risposta, dopo aver saccheggiato il litorale calabro, fecero ritorno a Costantinopoli. In questa occasione lo Stradigò principe di Geraci propose di costituire una congregazione permanente di cavalieri. Questa associazione venne istituita poco dopo sotto il nome di Cavalieri della Stella. Questi cavalieri portavano sul petto una stella d’oro smaltata.
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