
Il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 agosto, prevede il ritorno alle votazioni in decimali nelle scuole elementari e medie, il ripristino del voto in condotta (denominato «valutazione del comportamento») e la reintroduzione dell’Educazione civica («Cittadinanza e Costituzione»), che ritaglierà il suo spazio (1 ora a settimana per complessive 33 ore l’anno) sottraendolo alla Storia e alla Geografia. Le nuove disposizioni entreranno in vigore a partire già da quest’anno scolastico. Ma non mancano le critiche. Se l’opposizione ha «bollato» la riforma Gelmini come «un ritorno agli anni Cinquanta», le associazioni studentesche hanno preannunciato un autunno di proteste e contestazioni. In particolare, gli studenti accusano il ministro di voler restringere gli spazi di libertà e di reprimere il dissenso all’interno del movimento studentesco.
Ma per l’anno successivo sono già previste altre «novità». Oltre al grembiule obbligatorio, che aveva già sollevato polemiche qualche mese fa, la giovane «ministra» ha preannunciato l’obiettivo di trasformare le scuole in fondazioni (come già previsto per le Università) e di reintrodurre il maestro unico per la scuola primaria, come «esigenza pedagogica» imprescindibile. Un’esigenza pedagogica piuttosto recente, dato che la stessa Gelmini, dopo i drastici tagli all’Istruzione definiti dalla manovra economica del Governo, aveva dichiarato: «Mi auguro che non sarà necessario tornare ad un solo insegnante». In realtà, il ritorno al maestro unico è diventato una necessità proprio a causa dei tagli alla scuola previsti dalla manovra triennale del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il decreto, infatti, prevede una riduzione di 190 mila unità tra docenti e personale ATA e un risparmio sulla spesa destinata all’Istruzione per quasi 8 miliardi di euro.