La reincarnazione è veritiera e verificabile, ci dicono, perché
numerosi sono ormai i casi di persone che sotto ipnosi hanno ricordato
frammenti di una vita vissuta precedentemente.
In realtà si parla di ‘dejà vù’. Secondo lo psicologo Christopher Evans:
Ci sono tre modi per spiegare questo fenomeno. Il primo consiste nel ritenerlo…una prova lampante che si sono già vissute altre vite in passato…Si potrebbe tuttavia osservare che se ciò fosse vero, la loro vita precedente doveva essere esattamente uguale a quella presente, dal momento che i luoghi, le situazioni, le persone sono le stesse. Non si tratterebbe quindi di un’altra vita, ma della stessa… Vi è poi una seconda interpretazione: quella di vivere un’esperienza di preveggenza: Ma esiste una terza spiegazione, più semplice: e cioè che il cervello sta producendo un ricordo falso.
Nell’esperienza del ‘ricordo falso’, ci troviamo ad affrontare una
situazione simile ad una vissuta precedentemente (in questa stessa vita
e non in un’altra); il cervello, erroneamente, sovrappone due diversi
vissuti, sperimentati in due momenti diversi, illudendoci di averli
sperimentati già in passato in un’unica situazione.
La Rivelazione biblica contrasta con la teoria della reincarnazione.
Secondo l’Induismo, il ciclo delle reincarnazioni individuali sarebbe
la replica, in piccolo, del “grande ciclo delle creazioni e dei respiri
di Brama”.
Interpretando il concetto con immagini immediate e semplificate,
possiamo dire che il dio indù farebbe, come attività principe,
‘respirazione’; i due movimenti di inspirazione ed espirazione
equivarrebbero ai due poli di un intero ciclo di involuzione ed
evoluzione. Gli stessi poli, esprimerebbero anche l’idea di ‘Assoluto’
e di ‘relativo’: cioè la sfera divina e quella materiale.
In tale visione, il momento dell’involuzione equivarrebbe al passaggio
dal polo dell’assoluto a quello del relativo; il movimento
dell’evoluzione produrrebbe il moto contrario. Quindi, ciclicamente il
divino scenderebbe nel materiale (espirazione, involuzione, Assoluto
nel relativo), per risalire, innalzando e assorbendo in se il materiale
(inspirazione, evoluzione, relativo nell’Assoluto).
Il moto evolutivo libererebbe, a poco a poco, il polo superiore dalle
catene del polo inferiore, sino al suo assorbimento totale
nell’Assoluto primordiale.
In seno al grande ciclo dell’assoluto, supremo, cosmico, abbiamo anche un piccolo ciclo per gli spiriti individuali.
Questo, in grandi linee, il pensiero. Subito alcune considerazioni si
impongono: quale sarebbe, innanzitutto, la forza che produrrebbe questa
‘rotazione ciclica’? E’ essa ‘spirito’ o ‘materia’?
Sappiamo che nella filosofia indù non esiste una differenza essenziale
tra lo stato materiale e quello spirituale, poiché sono considerati
poli e co-principi di una dinamica ciclica. Secondo tale impostazione
di pensiero Dio verrebbe ad essere come il polo di un ciclo; ma nella
dinamica ciclica Dio verrebbe ad essere anche il polo opposto, cioè
smettere di essere Dio. Ma può Dio subire un cambiamento di stato ? Una
dispersione della Sua sostanza? Un raffreddamento del Suo ardore? Una
relativizzazione? E’ forse possibile frantumare Dio; dividerlo in parti
o frazioni?
Se, come afferma il credo indù, la realtà del mondo e quella di Dio
sono la stessa cosa, non risulterà anche che il mondo è una frazione di
Dio?
E se non c’è differenza tra illusorio e reale, non si rischia di
affermare che Dio è ‘multiplo’ e che il mondo è ‘uno’? Ovvero, che
l’identità di Dio con il mondo è la stessa cosa che la non-identita;
che la differenza tra Pietro e Paolo è la loro identità, come la loro
identità è la loro differenza; che un grosso pesce rosso è giallo, e
che uno giallo è rosso; che la verità di una proposizione è uguale alla
sua negazione, e che non ci sono differenze tra il parlare e lo stare
zitti, tra l’essere e il non essere?
Lo stesso concetto di ‘Assoluto’, nella filosofia indù appare come una
contraddizione. Il modo di essere ‘ assolutamente Assoluto’ è quello di
non essere ‘giammai relativamente’. Concepire il mondo sensibile come
un aspetto relativo dell’Essere Assoluto è, di fatto, distruggere la
barriera che separa l’Assoluto dal relativo. Ciò non porta ad una
‘assolutizzazione del relativo’, come si pretende in certi ambienti
reincarnazionisti; porta, invece, a ‘relativizzare l’Assoluto, quindi a
distruggerlo: è la sparizione, l’annullamento di Dio.
Nella Bibbia Dio è “tre volte Santo”; Essere personale, capace di
amare, di volere, di giudicare; separato dalla sua creatura; totalmente
‘Assoluto’; totalmente ‘a parte’.
L’Assoluto induista è un concetto nebuloso, astratto, impersonale, atto
a mascherare e coprire una lacuna enorme che la reincarnazione non può
spiegare, né risolvere. L’Assoluto indù non abita i cieli e la terra
come il Dio della Bibbia; non abita fra gli uomini, come fa Jhaveh; ad
essi si sottrae, e vanisce totalmente qualora lo si voglia osservare
più da vicino.
La legge del karman non prevede opzioni quali ‘peccato’ e ‘giudizio’.
Non esistendo un Dio personale che giudica, non esiste neppure un
giudizio. Non può essere concepito il perdono per il peccato, né
misericordia e comprensione per chi cade vittima delle spire del male;
nessuna redenzione: quindi, nessuna salvezza.
Nell’economia
cristiana le categorie di ‘bene’ e di ‘male’ sono contrapposte e ben
distinte: chi commette peccato, e da esso non si ravvede, è destinato
ad essere giudicato. Il karman, invece, elimina l’idea di Dio,
lasciando l’uomo nell’illusione fatale di essere responsabile non di
fronte ad un codice morale, ma solo di fronte a se stesso. La dottrina
della reincarnazione spinge l’uomo a sentirsi e a farsi dio di se
stesso; esso stesso dio. In tutta la dottrina della reincarnazione,
l’unico assente è proprio Dio.
L’apostolo Paolo afferma:”E’ stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola…apparirà una seconda volta…a quelli che l’aspettano per la loro salvezza”.
Fonte: Luigi Caratelli maran-ata.it
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