Una coppia fertile ha una probabilità che va dal 20 al 25% di procreare il primo mese, la percentuale aumenta con il passare dei mesi, via fino a raggiungere l’80% in un anno di rapporti regolari, continui e non protetti.
Ma la sterilità dipende più dall’uomo o dalla donna? Secondo il Dott. G. Balercia, responsabile del settore di Andrologia Medica e
del Laboratorio di Andrologia e Genetica dell’Infertilità Maschile
nella Clinica di Endocrinologia dell’azienda Ospedali Riuniti di
Ancona, il problema maschile è presente almeno nel 50% dei casi.
Si
procrea di meno perché la vita è più difficile, perchè è faticoso
mantenere molti figli, in una vita serrata che impone a entrambi membri
della coppia di lavorare per mantenere la famiglia, e si procrea di
meno perché il nostro stesso fisico ce lo impedisce.
Abbiamo pensato di fare qualche domanda al Dott. Balercia. (intervista estrapolata da kidzone)
Dottore, secondo lei perché l'infertilità della coppia è un problema più sentito nelle ultime generazioni?
Sono
molteplici i fattori che rendono il problema “fertilità” più sentito
nelle ultime generazioni. Va considerato in primis il fatto che l’età
biologica in cui la coppia cerca la procreazione è aumentata,
verosimilmente per motivi sociali, verso quella che si potrebbe
definire l’ultima fase della vita riproduttiva (almeno per la partner
femminile, cioè dopo i 35 anni). Se è vero che i moderni stili di vita
hanno allungato la spettanza di vita (e soprattutto la qualità della
stessa), certe realtà biologiche, quali la riproduzione, non ne
risentono favorevolmente. Alcune attività lavorative che prevedono
l’esposizione diretta o indiretta a fonti di calore o sostanze tossiche
sono attualmente considerate a rischio per la fertilità maschile.
Esistono peraltro dati sempre più inquietanti che dimostrano come
alcuni inquinanti ambientali (i cosiddetti “endocrine disruptors”) con
attività simil-estrogenica possano giocare un
ruolo negativo sulla fertilità maschile. Recenti dati stanno inoltre
evidenziando un potenziale ruolo negativo delle radiofrequenze sulla
spermatogenesi (es. cellulari tenuti in tasca, in prossimità dei
testicoli). Resta infine da considerare il fattore culturale per cui la
difficoltà procreativa non è più sinonimo di “problema da tenere in
casa, come vergogna”, situazione che incoraggia la coppia a chiedere
aiuto alla medicina. A tal proposito non debbono essere sottovalutate
le situazioni di disturbo nella sessualità della coppia che talora
sottendono un problema procreativo.
L'alimentazione moderna può essere una causa del problema "fertilità"?
Direi
che il problema dell'alimentazione si ricollega con quanto detto a
proposito dell'inquinamento ambientale (degli "endocrine disruptors"),
nel senso che oramai, a vari livelli, compreso quello alimentare, ci
troviamo ad assimilare sostanze (es. gli organoclorurati - diossine,
furani, DDT, PCB) che agiscono negativamente sulla sfera riproduttiva.
A parte questo, ogni eventuale abuso alimentare (dall'alcol alle diete
estreme) agisce in senso negativo sulla cenestesi generale
dell'organismo, verosimilmente anche sulla sfera sessuale e genitale.
Esistono riguardo alla prima domanda, dei buoni consigli per proteggere la fertilità?
La
risposta viene da un andrologo medico, che non può che suggerire ad
ogni maschio in età peri e post-puberale di sottoporsi ad uno screening
medico andrologico per la valutazione della propria situazione
“fertilità”, allo scopo di individuare tempestivamente eventuali
fattori di rischio e trattarli opportunamente (è un po’ ricalcare la
valutazione ginecologica a cui le donne normalmente si sottopongono).
Dopo quanto, in termine temporale, si può definire una coppia infertile?
Si
definisce tradizionalmente infertilità la mancanza di concepimento dopo
12 mesi di rapporti non protetti e con adeguata frequenza. Tale
definizione deve essere comunque adattata ad ogni singola coppia, sia
in funzione dell’età che dello stile di vita (un esempio estremo: una
coppia di 35 anni che per motivi lavorativi si incontra un fine
settimana al mese non potrà essere considerata alla stregua di una
coppia di 25 anni con regolari incontri sessuali).
Quando una coppia si accorge di essere infertile a chi si deve rivolgere?
I
punti di riferimento sono il ginecologo per Lei e l’andrologo per Lui
(preferibilmente esperti in problemi di infertilità). La valutazione
anamnestica e clinica orienterà un adeguato iter laboratoristico e
strumentale e l’eventuale approccio terapeutico (fino al ricorso, se
necessario, alle tecniche PMA (dopo aver portato il partner maschile
nelle migliori condizioni possibili per quanto riguarda la qualità del
seme). Uno standard di iter diagnostico maschile può essere reperito
su sito di “Salute donna”.
L'infertilità
può essere un problema psicologico? Il continuo fallimento nella
procreazione può, secondo lei, ostacolare il concepimento?
E’
un po’ come aprire il “Vaso di Pandora”. Di certo il continuo
fallimento nei tentativi di procreazione (spontanea o medicalmente
assistita) genera situazioni psicologiche negative, che a loro volta
creano problemi psicologici nella vita dei pazienti. Da qui ad
estrapolare un’evidenza scientifica di un rapporto causa-effetto in
tale settore, purtroppo ne passa (ho anche una formazione umanistica,
ma, pur credendo fortemente nella spiritualità, sono addestrato alla
“legge dei numeri”). E’ un’esperienza empirica di chi opera nel settore
della fertilità che un ragionevole lavoro di contenimento dell’ansia
procreativa spesso raggiunge l’obbiettivo sperato (cioè l’agognata
gravidanza), ma è altrettanto vero che la fertilità nella specie umana
è un fenomeno che anche nelle condizioni ottimali (età, situazioni
psico-fisiche) ha, statisticamente parlando, circa una probabilità su
tre di successo ad ogni tentativo.
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