Uno
tsunami è un treno d’ onda, o serie di onde, generata in un corpo di
acqua da un impulso repentino che ne sposta verticalmente una colonna.
I
terremoti, le frane, le eruzioni vulcaniche, le esplosioni e perfino
l'effetto degli enti cosmici, quali la caduta di un meteorite, possono
generare lo tsunami.
Tsunami
è una parola giapponese che significa “Onda del porto” ed è
rappresentato da due caratteri, "tsu", significa il porto, il "nami", significa "onda." (tsu-nami).
Tsunami è un termine entrato in uso, soltanto recentemente.
In
passato, per definire il fenomeno degli tsunami, si diceva comunemente
che si era verificata una “eccezionale ondata di marea” o
“maremoto”.
Bisogna chiarire subito che lo tsunami è un fenomeno
diverso dalle maree, benché il suo effetto sulla costa possa essere
influenzato dal livello della marea.
Infatti le maree sono un
fenomeno ciclico, frequente provocato dall’attrazione
gravitazionale della luna, del sole e dei pianeti, mentre lo tsunami è
un fenomeno eccezionale e, fortunatamente, abbastanza raro.
Il
termine “onda sismica marina” può indurre in errore perché
suggerisce l’idea che la nascita dello tsunami sia dovuta
esclusivamente ad un terremoto mentre, in realtà, può essere originato
anche da altri fenomeni come frane o meteoriti.
In Italia è in uso anche il termine di “onda anomala”.
Lo tsunami consiste in una serie di onde. L’acqua,
come qualsiasi liquido, tende ad aderire alle pareti che lo contengono
occupando il minor volume possibile del contenitore. La forza di
gravità fa sì che la superficie superiore del liquido, in stato di
quiete o di equilibrio, appaia assolutamente liscia e piatta come
quella visibile in una bacinella colma di acqua lasciata riposare.Se
soffiamo sulla superficie dell’acqua nella bacinella vediamo che si
formano delle onde: ciò è dovuto al fatto che il nostro soffio ha
aumentato la pressione dell’aria in un punto della superficie facendola
abbassare.
L’acqua
che prima occupava il volume momentaneamente liberato dal nostro soffio
si è fa così spazio accumulandosi nella zona circostante e
determinandone un momentaneo innalzamento del livello fin al punto in
cui la forza di gravità non la spinge nuovamente verso il basso.
Nel
“ricadere” l’acqua è soggetta non solo alla gravità ma anche alla
spinta impressa dal proprio peso per cui arresta la sua corsa ad un
livello più basso di quello che aveva nell’iniziale stato di
equilibrio: ciò determina un avvallamento della superficie che
richiamerà altra acqua dalle zone circostanti.
Contemporaneamente,
cessando l'effetto della pressione esercitata dal soffio, l’acqua tende
a tornare ad occupare lo spazio lasciato libero raggiungendo lo stato
di equilibrio iniziale. Tuttavia, nella breve frazione di tempo del
soffio, parte dell’acqua, che ha espulso, si è riversata, per effetto
della gravità, dalla parte opposta del punto di accumulo per cui non è
più immediatamente disponibile per riempire interamente lo spazio che
era stato liberato dal soffio: ciò determina un avvallamento momentaneo
della superficie che richiama a sua volta altra acqua.
Inizia così
il processo di successivi “aggiustamenti”, fatto di “accumuli” e di
“affossamenti” nella superficie dell’acqua, che chiamiamo “onde”, che
con il tempo raggiungerà nuovamente lo stato di equilibrio tornando ad
essere piatta.
Lo stesso fenomeno si manifesta aumentando la
pressione “dal basso” ed è visibile se colpiamo il fondo della
bacinella colma d’acqua: vedremo allargarsi dalla superficie
dell’acqua, esattamente nel punto perpendicolare a quello del fondo sul
quale abbiamo battuto, una serie di onde. In questo caso le onde sono
state generate dall’innalzamento iniziale e dalle successive vibrazioni
del fondo della bacinella, ma la loro meccanica è uguale alle
precedenti.
Da quanto detto è chiaro che il movimento
orizzontale delle onde, che si allargano in cerchi concentrici, è solo
apparente mentre in realtà gli unici spostamenti che si verificano sono
in senso verticale.
Ogni onda, fra i miliardi di miliardi di
onde generate in ogni istante nei liquidi del mondo, ha alcuni elementi
caratteristici che la rendono unica.
Questi elementi sono la sua altezza, la sua lunghezza ed il suo periodo.
L’altezza dell’onda
misura la distanza fisica (in millimetri, centimetri, metri) fra il suo
punto più alto, che si chiama cresta, ed il livello raggiunto dal
liquido in stato di quiete.
La lunghezza dell’onda
misura la distanza fisica (in centimetri, metri, chilometri) fra le
creste (o fra i punti più bassi detti “depressioni”) raggiunti da due
onde successive.
Il periodo dell'onda misura la distanza temporale (in secondi, minuti, ore) che separa in un punto, due diverse creste.
L’onda
di tsunami è diversa dalle onde generate dal vento, che si possono
osservare in un laghetto o su una spiaggia , perché queste sono
caratterizzate da periodi e da lunghezze di onda brevi.
I cavalloni
generati dal vento di una tempesta al largo delle coste italiane, per
esempio, e che si possono osservare su una delle nostre spiagge, si
susseguono l’un l’altro a distanza di pochi secondi e le onde sono
distanti fra loro al massimo qualche decina di metri.
Uno
“ tsunami”, invece, può essere composto da onde distanti fra loro anche
più di 100 chilometri che possono infrangersi sulla costa anche a
distanza di molte decine di minuti fra l’una e l’altra.
Nella
rielaborazione grafica a fianco viene mostrata l’onda di tsunami
generata dal terremoto verificatosi al largo della costa di Sumatra.
La
grafica evidenzia le onde (in rosso la cresta, in blu la depressione) e
la loro posizione nell'oceano a 30 minuti dall'evento.
Gli tsunami hanno una vita ed un comportamento che è distinguibile in tre fasi.La prima fase è quella del cosiddetto “caricamento dell’energia”.Questa
fase corrisponde all’innalzamento repentino di una colonna di acqua a
causa di un terremoto o di altri eventi come frane o meteoriti.La
seconda fase è quella della “trasmissione dell’energia”. L’energia
caricata inizialmente nella colonna di acqua si trasmette, con perdite
minime, all’acqua circostante dando origine alle onde di tsunami che si
allargano dal punto di origine (epicentro)
La terza fase è quella
dello “scaricamento dell’energia”. Le onde di tsunami raggiungono le
coste con una quantità di energia pressoché simile a quella dalla quale
hanno avuto origine e la scaricano repentinamente sui litorali.
Vediamo in dettaglio le singole fasi.
Gli tsunami di origine sismica
Una
delle cause più frequenti degli tsunami sono i terremoti di origine
tettonica che spostano l’acqua sovrastante in modo brusco. I terremoti
di origine tettonica sono un genere particolare di terremoto e sono
associati alla deformazione della crosta terrestre: quando questi
terremoti si manifestano al di sotto del fondo marino, l'acqua
soprastante l’epicentro del terremoto perde la sua posizione di
relativo equilibrio e viene anch’essa mossa bruscamente.
La massa
d’acqua che viene così spostata, per effetto della forza di gravità,
cerca di riguadagnare lo stato di equilibrio iniziale dando vita al
fenomeno ondoso dello tsunami.
I grandi movimenti verticali della crosta terrestre possono avvenire ai contorni della piastre continentali.
Le piastre continentali interagiscono fra loro, slittando e scontrandosi l’una con le altre.
Intorno
ai margini dell'Oceano Pacifico, per esempio, le piastre oceaniche più
dense slittano sotto le piastre continentali in un processo conosciuto
come il “subduzione”: i terremoti generati dalla “subduzione” sono
particolarmente efficaci nella generazione degli tsunami.
Gli tsunami originati dalle frane
L’equilibrio
relativo dell’acqua del mare può essere compromesso però anche da una
improvvisa caduta di materiali come nel caso della frana. L’acqua che
occupava il volume invaso dal materiale di frana viene spostata e
sospinta verso l’alto generando l’onda di tsunami.
Poiché
normalmente i volumi di acqua messi in moto dalla frana sono di modeste
dimensioni in rapporto al mare aperto gli tsunami che hanno questa
origine interessano aree piuttosto limitate ed hanno conseguenze
disastrose solo nelle vicinanze della loro origine od all’interno di
bacini di limitate dimensioni come i laghi e le baie.
La seconda fase può essere definita come quella del “trasferimento dell’energia” ed identifica lo spostamento dell’onda in mare aperto.
L’onda
dello tsunami in mare aperto è sottoposta alle stesse leggi fisiche
delle onde di superficie che osserviamo nei placidi laghetti di
campagna, ma in questo caso le forze sono enormi, ben più potenti di
quelle abbiamo messo in gioco con l’esperimento della bacinella.
Ciò
significa che l’onda dello tsunami è un’onda molto lunga (anche oltre
cento chilometri) e che si muove in un bacino, quello oceanico,
profondo migliaia di metri con un rapporto fra la lunghezza dell’onda e
la profondità marina molto piccolo.
Tutte le onde di superficie si
muovono ad una velocità che è uguale alla radice quadrata del prodotto
dell'accelerazione di gravità (9,8 m/s2) e della profondità dell'acqua.
Ciò
vuol dire, per esempio, che nell'Oceano Pacifico, che ha una profondità
media di 4000 m, le onde dello tsunami possono raggiungere velocità di
circa 200 m/s, cioè oltre 700 chilometri orari.
Oltre a ciò, poiché
la perdita di energia accumulata dall’onda è inversamente proporzionale
alla sua lunghezza, gli tsunami non solo sono velocissimi, ma possono
percorrere anche distanze immense senza indebolirsi in modo
significativo.
Osserviamo
nuovamente la grafica relativa allo tsunami del dicembre 2004 e
consideriamo le diverse lunghezze dell’onda (la cresta è in rosso
mentre la depressione è in azzurro) che si dirige in mare aperto (con
profondità maggiori) verso l’India e dell’onda che si dirige verso la
più vicina costa tailandese.
Si deve notare anche che nello tsunami
diretto verso oriente la cresta dell’onda (in rosso) è anticipata dalla
depressione (in azzurro).
Questa depressione è stata causata
dall’abbassamento del fondo marino speculare a quello subito nel
versante occidentale opposto, che ha dato origine, invece, ad un
innalzamento della superficie marina (in rosso).
Sappiamo
già che lo tsunami viaggia ad una velocità che è collegata con la
profondità dell'acqua, quindi avvicinandosi alla costa, dove le acque
sono meno profonde, lo tsunami rallenta.
Come abbiamo già capito, lo tsunami accumula l’energia potenziale sia sotto forma di velocità che di altezza dell’onda.
Rallentando a causa delle variazioni nel rapporto che determina la velocità delle onde, che ricordiamo essere:
velocità dell’onda = radice quadrata di [accelerazione di gravità (9,8 m/s2) per profondità dell'acqua]
senza
cioè le perdite di energia causate ad esempio dagli attriti, l’energia
accumulata sotto la forma di “velocità” viene trasferita a quella
accumulata sotto la forma di “altezza” dell’onda.
A causa di questo effetto un’onda di tsunami, impercettibile in mare, aumenta la sua altezza avvicinandosi al litorale.
La terza fase della vita dell’onda di tsunami è quella del “rilascio dell’energia” ed identifica il suo comportamento in prossimità della costa.
Quando
la profondità del fondo marino, in prossimità della terra ferma,
incomincia ad interagire maggiormente con gli attriti l’onda diventa
instabile, la sua cresta tende a ricadere in avanti, innescando una
turbolenza che dissipa una parte dell’energia accumulata.
Questo
rallentamento del fronte dell’onda innesca a sua volta una sorta di
“tamponamento a catena” dove l’acqua retrostante si “scontra” con
quella che la precede più lentamente.
In questo momento la
turbolenza dell’onda è massima e dissipa molta della energia accumulata
che, malgrado ciò, rimane elevatissima abbattendosi sulla costa.
Lo
tsunami ha un grande potenziale erosivo capace di cancellare spiagge
secolari e distruggere la vegetazione, inondare per centinaia di metri
i territori costieri abbattendo costruzioni ed infrastrutture.
L’Onda di tsunami abbattendosi sulla costa può raggiungere un'altezza anche di 30 metri.
Le
dimensioni dell'onda mostrate dalla grafica sottostante sono state
esasperate per rendere visibile nel suo insieme il fenomeno che, nelle
prime fasi di vita, risulterebbe impercettibile.
Dopo che un'onda di tsunami si è abbattuta sulla costa, il riflusso dell'acqua verso il mare provoca una fortissima risacca che può essere anche più pericolosa dell'onda stessa.In qualche caso, all'onda di tsunami segue il fenomeno dello "spiaggiamento": la linea della battigia arretra lasciando scoperte ampie zone del fondo marino normalmente coperte dalle acque.
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