Divorziare oggi conviene, almeno sotto il punto di vista fiscale. Quanti hanno sempre pensato che il divorzio significhi fallimento, sia in termini morali e di realizzazione propria, per l’incapacità di riuscire a mantenere una famiglia insieme, sia in termini economici, dovrà ricredersi. Ecco perché molti (il 5% l’anno tra le coppie separate) ricorrono alle così dette separazioni simulate. La pratica, che permette un guadagno su tutto a partire da Ici, bollette, tasse scolastiche, medicine e macchine, si sta diffondendo soprattutto al centro Nord. Di solito usuale in coppie che non sono benestanti, la separazione simulata consiste, a tutti gli effetti, in una separazione consensuale, rapida e poco costosa: 5-6 mesi nelle grandi città per 1500-2000 euro in media. Una spesa sopportabile, se non ci sono grossi patrimoni da dividere fra i coniugi. In alcuni tribunali si può fare anche senza avvocato: si scarica un modulo da Internet e si presenta l’istanza in cancelleria in attesa dell’udienza. Il giudice, come l’avvocato d’altronde, non è tenuto a verificare e ratifica la volontà dei coniugi. In caso di separazione ‘consensuale’, l’Ici (ora abolita) è la voce di risparmio più consistente, seguono l’esenzione sanitaria, le tasse scolastiche e le utenze delle seconde abitazioni. Un esempio è quello di una coppia in cui solo lui lavori e percepisca un reddito attorno ai 70mila euro. In questo caso l’aliquota fiscale che si applica è quella del 41%. Mettiamo il caso che dopo la separazione debba versare 20mila euro alla moglie. Detratta questa cifra, l’aliquota scende e il risparmio di imposta (per lui) è qualcosa più di 8mila euro. Si dirà: ma anche la moglie separata dovrà pagare le tasse. Certo, ma l’aliquota inferiore (23%), le costerà 4.600 euro di imposte. I conti sono presto fatti: i falsi separati risparmieranno complessivamente 3.400 euro. Una incentivazione così riassumibile: separatevi (anche fittiziamente) e il fisco vi verrà in soccorso. Ora, questa situazione appare ancor più paradossale, dopo una campagna elettorale che ha visto i principali contendenti spendersi in promesse per la famiglia, soprattutto se con figli. Ristabilire i giusti rapporti è dunque prioritario. Anche perché il passo è breve sotto il profilo culturale e del senso comune. Se, infatti, conviene separarsi, perché mai accingersi al grande passo e sposarsi? Anzi, sarà gioco facile per tutti i detrattori del matrimonio e della famiglia, per tutti i laicisti in servizio permanente effettivo, per i sostenitori di tutte le altre forme di unione, a partire dalla convivenza, allestire persino una campagna in negativo. Al grido: Sposarsi non conviene.