Il ricordo di queste due eroine è stato tramandato da un episodio leggendario della guerra del Vespro.Messina era cinta d'assedio dalle truppe di Carlo I d'Angiò durante l'agosto del 1282. Nonostante la superiorità delle truppe francesi i messinesi resistevano in maniera eroica fin dal mese di Aprile. L'8 agosto era infuriata una battaglia nei pressi del colle della Caperrina le cui mura erano rimaste deteriorate dai colpi degli arieti nemici. Durante la notte gli Angioini tentarono di entrare in città dalla parte che sapevano danneggiata ma sulle mura erano rimaste a vegliare le donne di Messina per permettere agli uomini, sfiniti dalla battaglia, di riposare.Accortesi che i Francesi stavano tentando un assalto Dina e Clarenza si misero a scagliare pietre sugli assalitori e a suonare le campane che in breve tempo fecero accorrere lo stradigò Alaimo che con le truppe cittadine respinse i nemici. Tutti in città si diedero da fare per respingere i Francesi, nobili, giuristi, mercanti, artigiani, sacerdoti e soprattutto donne se un autore come Giovanni Villani cronista del medioevo dedica all'episodio una intensa descrizione: "....Stette lo re con sua oste intorno a Messina da due mesi, e dando la sua gente alcuna battaglia dalla parte ove non era murata, i Messinesi colle loro donne, le migliori della terra, e co' i loro figlioli piccioli e grandi, subitamente in tre dì feciono il detto muro e ripararono francamente gli assalti dei Franceschi.
Giovanni Boccaccio dedica la quarta giornata del Decameron alle storie d'amore che "ebbero infelice fine". La quinta novella è dedicata alla tragica storia di Lisabetta da Messina.Questa giovane viveva nella città dello Stretto insieme ai fratelli, ricchi mercanti, al cui servizio vi era Lorenzo, un giovane pisano di bell'aspetto ma di condizione modesta.Di lui si innamorò perdutamente Lisabetta. La storia andò avanti con furtivi incontri ma i fratelli se ne accosero e per porre fine a quello che per loro era un disonore attirarono il giovane in un luogo solitario e lo uccisero.Lisabetta, disperata per la scomparsa dell'amato, una notte se lo vide comparire in sogno e indicarle il luogo dell'assassinio. Insieme a un'amica si recò sul posto e, disseppelito Lorenzo, gli tagliò il capo e lo portò a casa avvolto in un asciugamano.Rinchiusa nella sua stanza Lisabetta pianse a lungo e tra le lacrime, preso un vaso di terracotta vi mise "fasciata in un bel drappo" la testa dell'amato insieme a della terra e piantine di basilico.La povera ragazza passava così giornate a piangere e a dialogare col vaso. La storia raggiunse il suo tragico culmine quando i crudeli fratelli le sottrassero persino il prezioso e macabro oggetto.E' probabilmente a questo episodio che si deve l'uso, in questa parte di Sicilia, di produrre vasi a forma di testa umana.
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