“Niente soldi da buttare nel pozzo – esordisce il segretario generale della Cisl di Messina, Tonino Genovese –. Ci vuole un piano di riorganizzazione su cui chiedere un
contributo straordinario - riferendosi all'ATM -. Da 9 giorni senza servizio pubblico, in
qualunque altro paese sarebbe scoppiata la rivolta popolare. Qui
niente. Il dramma è che domani qualcuno può dire che Messina né può
fare a meno”.
“Sappiamo che la
società Ponte sullo stretto non ha predisposto ancora atti sugli
espropri - si parla di un approdo a Gazzi - . Solo due righe su un foglio di carta, quindi le somme
destinate saranno perse o dirottate meglio allora da subito destinare i
700 milioni previsti verso progetti propedeutici alla realizzazione del
corridoio 1, ridisegnando la città con o senza ponte. Per esempio
realizzare il nuovo nodo ferroviario di Messina con lo spostamento a
sud della stazione ferroviaria".
"Il rischio è di
arrivare a fine anno o al 31 gennaio - sui servizi sociali - con un altro fronte di guerra
sociale. O di mettere in piedi un impianto di incertezza nell’offerta
del servizio e di grande rischio occupazionali e di ricatto per i
lavoratori”.
“Intesa - tra Comune e RFI - verte su due punti focali: la
realizzazione di un'unica stazione ferroviaria a sud, e precisamente a
Gazzi, e la liberazione di migliaia di metri quadri di aree nella zona
sud, a partire dalla zona falcata, da binari e strutture varie
presenti, in vista della riqualificazione urbana e della realizzazione
della via del mare, in vista della realizzazione del Ponte ma anche a
prescindere da esso. Intanto, però possiamo
annoverare la dismissione dell’Officina Grandi Riparazioni e a breve
l’abbandono di RFI dalla navigazione nello stretto sul trasporto del
gommato. Sarebbe l’ennesimo affronto a questa città, come quello del
mantenimento degli approdi alla rada S. Francesco. Come Cisl – continua il segretario generale - ci siamo opposti. Riteniamo ci
siano le condizioni per liberare la rada, da subito. Lo abbiamo detto,
lo abbiamo ribadito, abbiamo votato no in Comitato Portuale. E ancora
una volta il fronte trasversale di controllo della città si è
compattato ed ha prodotto una ulteriore occupazione per altri tre anni.
Rimandando con i fatti ciò che si afferma con le parole. Cioè la
riconquista dell’affaccio a mare”.
"Messina è una città sul mare, è
dal mare che può venire lo sviluppo. La politica cittadina non riesce a
superare il provincialismo, anche quando dispone di giovani talenti,
delle loro idee e dei loro progetti. Da mesi giace nei cassetti, per
esempio, una idea nuova supportata da studi, programmi e interessi di
soggetti nazionali ed internazionali, che si chiama Watercity e
attraverso l’offerta di un progetto suggestivo ma organico può
costruire il futuro della città attraverso l’uso produttivo dei suoi
60.4 chilometri di costa. Come sempre non si deve inventare nulla.
Basta copiare da chi ha già realizzato. Da chi per esempio non si
lascia sfuggire la possibilità di costruire opportunità dalle
celebrazioni di eventi importanti. Messina, invece, ha bruciato
l’evento degli eventi, il centenario del terremoto”.
“La scelleratezza
e il malaffare hanno prodotto una condizione per il Comune di Messina
di bancarotta. Un buco che non si riesce neanche a definire. La
dichiarazione di dissesto non è, come qualcuno, vuole sostenere un mero
problema finanziario. Per le sue pesanti ricadute sulla comunità e sui
lavoratori e pensionati è un atto decisamente politico. Lo diciamo con
chiarezza: questa città non può permettersi una dichiarazione di
dissesto le conseguenze non ci farebbero più riprendere”.