Il trucco per andare a scuola è leggero, rende più intenso lo sguardo e più vellutata la pelle senza essere troppo pesante o vistoso. Ci sono diversi modi per truccarsi in questo modo: ti propongo alcune alternative a seconda della tua carnagione, del colore dei tuoi capelli e dei tuoi occhi ma anche in base al tuo umore e al tempo che hai a disposizione.
Make up leggero a seconda dei tuoi colori
1. Hai capelli scuri, carnagione scura e occhi scuri?
I colori migliori per te sono i colori caldi: per la scuola procurati una cipria dorata illuminante, un matitone dorato e una matita nera per gli occhi.
Dopo aver idratato bene il viso, usa un pennellone per applicare la cipria illuminante, passando bene sulle guance e sulla zona a T. Poi applica la matita nera all'interno dell'occhio, e infine applica il matitone dorato sulla palpebra mobile, sfumando bene con un dito fino a che non ottieni un colore omogeneo e uniforme.
2. Hai i capelli castani, la carnagione chiara e gli occhi castani?
In questo caso puoi puntare su colori caldi, ma anche sulle sfumature del verde o del viola. Ti serve una matita nera per gli occhi, una cipria color naturale vellutante e un ombretto verde chiaro o violetto.
Dopo aver idratato bene il viso, usa un pennellone per applicare la cipria, avendo cura di passarla su tutto il viso. Poi applica la matita nera all'interno dell'occhio, e infine metti un po' di ombretto (verde o viola, a seconda delle tue preferenze) sulla palpebra mobile cercando di ottenere una tonalità delicata.
3. Hai i capelli biondi, la carnagione chiara o scura e gli occhi azzurri o verdi?
I colori pastello sono perfetti per far risaltare i tuoi occhi e si abbinano benissimo con il biondo dei tuoi capelli. Scegli un matitone rosa pastello e una cipria illuminante.
Idrata bene il viso; dopo aver distribuito la cipria illuminante con un pennellone, applica il matitone rosa pastello sulla palpebra mobile e sfuma con un dito.
4. Hai i capelli rossi, la carnagione chiara o scura e gli occhi azzurri o verdi?
Blu, azzurro e viola sono i colori più adatti a te. Per un "make up scolastico" ti occorrono un ombretto azzurro cielo e una cipria illuminante.
Spalma la crema idratante sul viso in modo uniforme, poi metti la cipria illuminante usando un pennellone e infine applica l'ombretto azzurro cielo.
Make up leggero a seconda delle tue preferenze
Come base puoi applicare una cipria illuminante o una crema colorata: poi opta per un semplice tocco di matita nera per gli occhi se non vuoi un trucco colorato, oppure scegli un ombretto del tuo colore preferito da applicare leggermente sulla palpebra mobile.
Ricorda: la regola fondamentale è ottenere un trucco radioso e lieve, con una base illuminante per redere l'incarnato uniforme e vellutato e un ombretto giovane e colorato o una linea di matita nera.
Scuola e make up: un binomio non troppo apprezzato da genitori e professori, i quali non smettono mai di puntualizzare che la scuola è un luogo di studio e concentrazione, e per questo motivo sostengono che il trucco non sia adeguato.
Certo, si va a scuola per studiare e imparare nuove cose, ma senza dubbio, scuole medie e licei sono anche luoghi di socializzazione, dove si fanno nuove amicizie e ci si innamora per le prime volte.
E sicuramente nessuna ragazza vorrebbe presentarsi davanti al ragazzo che le piace con i capelli in disordine, il viso pallido e smunto e un'ombra di occhiaie! Ma non bisogna neppure esagerare: rossetto rosso fiammante e smokey eyes non sono l'ideale per andare in classe.
Ecco qualche utile consiglio su come truccarsi per andare a scuola: che colori scegliere, come abbinare le sfumature cromatiche, che trucchi utilizzare per un effetto leggero e luminoso, per farsi notare da quel tipo tanto carino senza intercorrere nella disapprovazione di genitori e prof.
Leggi anche gli articoli su come eseguire gli abbinamenti cromatici perfetti a seconda dei tuoi colori, e impara a valorizzare la forma del tuo viso con il trucco giusto.
Divorziare oggi
conviene, almeno sotto il punto di vista fiscale. Quanti hanno sempre pensato che il divorzio significhi fallimento, sia in termini morali e di realizzazione
propria, per l’incapacità di riuscire a mantenere una famiglia insieme,
sia in termini economici, dovrà ricredersi. Ecco perché molti (il 5% l’anno tra le coppie separate) ricorrono alle così dette separazioni simulate. La pratica,
che permette un guadagno su tutto a partire da Ici, bollette, tasse
scolastiche, medicine e macchine, si sta diffondendo soprattutto al
centro Nord. Di solito usuale in coppie che non sono benestanti, la separazione simulata consiste, a tutti gli
effetti, in una separazione consensuale, rapida e poco costosa: 5-6
mesi nelle grandi città per 1500-2000 euro in media. Una spesa
sopportabile, se non ci sono grossi patrimoni da dividere fra i
coniugi. In alcuni tribunali si può fare anche senza avvocato: si scarica un modulo da Internet e si presenta l’istanza in cancelleria in attesa dell’udienza. Il giudice, come l’avvocato d’altronde, non è
tenuto a verificare e ratifica la volontà dei coniugi. In caso di
separazione ‘consensuale’, l’Ici (ora abolita) è la voce di risparmio
più consistente, seguono l’esenzione sanitaria, le tasse scolastiche e
le utenze delle seconde abitazioni. Un esempio è quello di una coppia in cui solo lui lavori e
percepisca un reddito attorno ai 70mila euro. In questo caso l’aliquota
fiscale che si applica è quella del 41%. Mettiamo il caso che dopo la
separazione debba versare 20mila euro alla moglie.
Detratta questa
cifra, l’aliquota scende e il risparmio di imposta (per lui) è qualcosa
più di 8mila euro. Si dirà: ma anche la moglie separata dovrà pagare le tasse.
Certo, ma l’aliquota inferiore (23%), le costerà 4.600 euro di imposte.
I conti sono presto fatti: i falsi separati risparmieranno
complessivamente 3.400 euro. Una incentivazione così riassumibile: separatevi (anche
fittiziamente) e il fisco vi verrà in soccorso. Ora, questa situazione
appare ancor più paradossale, dopo una campagna elettorale che ha visto
i principali contendenti spendersi in promesse per la famiglia,
soprattutto se con figli. Ristabilire i giusti rapporti è dunque prioritario. Anche perché il
passo è breve sotto il profilo culturale e del senso comune. Se,
infatti, conviene separarsi, perché mai accingersi al grande passo e
sposarsi? Anzi, sarà gioco facile per tutti i detrattori del matrimonio e
della famiglia, per tutti i laicisti in servizio permanente effettivo,
per i sostenitori di tutte le altre forme di unione, a partire dalla
convivenza, allestire persino una campagna in negativo. Al grido: Sposarsi non conviene.
Mina Anna Mazzini, nota come Mina è nata a Busto Arsizio, 25 marzo 1940 ed è una notissima cantante italiana. Artista di fama internazionale e voce fra le più apprezzate nel panorama pop
mondiale, rappresenta un punto di riferimento per tutte le interpreti
femminili. La sua lunga e fortunata storia artistica si estende dalla
fine degli anni cinquanta sino a oggi ed è tutt'ora in evoluzione; la sua voce, dall'inconfondibile timbro, si distingue per potenza ed estensione. Durante gli anni '60 e '70, raggiunge una fama ed una popolarità ineguagliate in ambito nazionale. Dal 1978
non appare più in pubblico, pur continuando ad incidere dischi, a
condurre programmi radiofonici e scrivendo editoriali e altre rubriche
per alcune riviste e quotidiani. Nel 2001
si è fatta riprendere nel suo studio di registrazione, trasmettendo il
filmato in streaming, con relativo record di contatti (oltre 15
milioni). Nel corso della sua carriera ha inciso più di 1000 brani e ha venduto circa 76 milioni di dischi. Non si contano i suoi successi. Tuttavia non si possono tralasciare, per quanto concerne il primo decennio di carriera: Nessuno (1959), inizialmente cantata da Wilma De Angelis in versione melodico-tradizionale; Tintarella di luna (1959), con cui conquistò per la prima volta la #1 dell'hit-parade; Il cielo in una stanza (1960), scritta da Gino Paoli; Città vuota (1963); È l'uomo per me (1964); Un anno d'amore (1964), suo personale record di permanenza in classifica con sedici settimane consecutive alla #1 dell'hit-parade; E se domani (1964); Se telefonando (1966), scritta da Ennio Morricone su testo di Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara; e ancora: Brava (1965), Sono come tu mi vuoi (1966), Vorrei che fosse amore (1968), fra le tante canzoni composte appositamente per lei dal maestro Bruno Canfora, legate ai trionfi televisivi del sabato sera; La banda di Chico Buarque de Hollanda con traduzione italiana di Antonio Amurri (1967) e Sacumdì sacumdà di Wilson Simonal, presentato nella "Canzonissima" del 1968.
A partire dalla fine degli anni Sessanta, il suo stile
interpretativo progredisce in modo lampante, grazie ad un timbro vocale
maggiormente denso e vibrato, e in generale, ad una più attenta scelta
del repertorio. Canzoni quali Non credere (1969), Bugiardo e incosciente (1969), Grande grande grande (1971), E poi... (1973),
mostrano una Mina in splendida forma, languida, sensuale, accattivante,
tanto da essere la principale musa ispiratrice del celeberrimo duo di
compositori Mogol/Lucio Battisti, che le affidarono la trilogia di successi Insieme (1970), Io e te da soli e Amor mio (1971). L'importante è finire (1975) e Ancora ancora ancora (1978)
vengono portate al successo da una Mina sempre meno visibile sui
teleschermi, ma sempre più libera e audace nelle proprie scelte
musicali e nella gestione della propria attività di cantante. Entrambi
i testi sono del cantautore Cristiano Malgioglio. Anche dopo il ritiro dalle scene, molte altre sue canzoni conquistano una vasta notorietà, tra cui si ricordano Anche un uomo (1979), sigla del Rischiatutto; Morirò per te (che nel 1982 riesce ad entrare addirittura tra i primi 100 singoli della classifica dance americana di Billboard); Rose su rose scritta dal figlio (1984); Questione di feeling (1985), duetto con Riccardo Cocciante; Via di qua (1986), duetto con Fausto Leali; Neve1992), che innaugura la collaborazione con gli Audio 2; Volami nel cuore (1996), nonché tutto il disco Mina Celentano, realizzato nel 1998 col suo storico collega "molleggiato" Adriano Celentano; fino alle più recenti Oggi sono io (2001, cover di Alex Britti), Portati via (2005) e Mogol-Battisti (2006).
La Tigre di Cremona componeva un ideale quintetto "zoologico" con le migliori voci femminili degli anni '60/'70. Le altre quattro erano: Milva, soprannominata la Pantera di Goro; Iva Zanicchi, detta l´Aquila di Ligonchio; Orietta Berti, detta l´Usignolo di Cavriago; e Nada, Il Pulcino del Gabbro, per la giovane età che aveva al suo esordio. Nonostante i vari film da lei interpretati, Mina non ha mai voluto
trasformarsi in un'attrice vera e propria, nonostante le proposte di
valore non le siano mai mancate. La più celebre (rifiutata dalla stessa
cantante) fu quella propostale da Federico Fellini per "Il viaggio di G. Mastorna" (pellicola poi mai realizzata). Dal 1958 a oggi, il 2004 è stato l'unico anno in cui Mina non ha pubblicato nessun nuovo brano. Dal 1967 Mina ha inciso esclusivamente per la casa discografica da lei fondata in collaborazione con suo padre, la PDU, cambiando però quattro diverse distribuzioni: Durium1970), Emi (dal 1970 fino al 1996), Rti Music (dal 1996) e di conseguenza Sony Music, attuale Sony-Bmg, che ha rilevato il catalogo RTI, diventata nel frattempo S4. Mina è il personaggio che ha avuto più copertine sullo storico settimanale TV Sorrisi e Canzoni: dalla prima nel 1959 alla più recente del 2002, se ne contano in tutto 70. È anche l'artista più presente in assoluto nelle classifiche di vendita italiane: secondo una ricerca del 1996, la somma di tutte le sue presenze in hit parade arrivava a più di 15 anni. Il suo 45 giri più venduto in assoluto è stato Heisser Sand,
con 1.300.000 copie. Il brano venne pubblicato originariamente per il
mercato tedesco, mentre in Italia è stato inserito soltanto in raccolte
non ufficiali. L'album più venduto è stato "Mina Celentano", con 1.600.000 copie.
La migliore imitazione di Mina è stata proposta da Loretta Goggi (dalla fine degli anni settanta in poi), che ne ha un po' codificato lo schema caricaturale, utilizzato in séguito anche da altri imitatori. A partire dal 2006, Lucia Ocone ne ha proposto una nuova imitazione, presentata all'interno del reality show musicale "Music Farm", nella quale Mina, in una sala di registrazione, canta svogliatamente le cose più improbabili, pur di far uscire nuovi dischi. Alcuni dei maggiori brani di successo, incisi tra 1992 e 2003, sono firmati dagli Audio2, band lanciata dal produttore discografico Massimiliano Pani, figlio di Mina. Il tema della canzone di Mina Canto largo, contenuta nell'album "Olio", è la sigla TV della soap opera di Canale 5Vivere". Ancora oggi può capitare di trovare delle fonti anagrafiche che,
erroneamente, riportano «Annamaria Mazzini» come vero nome di Mina. Tifosa dell'Inter, ha duettato con Javier Zanetti nella storica Parole parole (2007).
Il pensiero pedagogico montessoriano parte dallo studio dei bambini
con problemi psichici, espandendosi successivamente allo studio
dell'educazione per tutti i bambini. La Montessori stessa sosteneva che
il metodo applicato su persone subnormali aveva effetti stimolanti anche se applicato all'educazione di bambini normali. Il suo pensiero identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali (come l'amore),
che l'adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. L'adulto ha la tendenza a reprimere la personalità del bambino e spesso
lo costringe a vivere in un ambiente di altra misura con ritmi di vita innaturali. Il principio fondamentale deve essere la libertà dell'allievo,
poiché solo la libertà favorisce la creatività del bambino già presente
nella sua natura. Dalla libertà deve emergere la disciplina.
Un
individuo disciplinato è capace di regolarsi da solo quando sarà
necessario seguire delle regole di vita. Il periodo infantile è un periodo di enorme creatività, è una fase
della vita in cui la mente del bambino assorbe le caratteristiche
dell'ambiente circostante facendole proprie, crescendo per mezzo di
esse, in modo naturale e spontaneo, senza dover compiere alcuno sforzo
cognitivo. Con la Montessori molte regole dell'educazione consolidate nei primi anni del secolo cambiarono. I bambini subnormali
venivano trattati con rispetto, venivano organizzate per loro delle
attività didattiche. I bambini dovevano imparare a prendersi cura di se
stessi e venivano incoraggiati a prendere decisioni autonome. La Montessori sviluppò tutto il suo pensiero pedagogico partendo da una costruttiva critica della psicologia scientifica, corrente di pensiero affermatasi nei primi anni del secolo. L'equivoco di base della psicologia scientifica era da ricercare
nella sua illusione di fondo, secondo la quale erano sufficienti una osservazione pura e semplice e una misurazione scientifica per creare una scuola nuova, rinnovata ed efficiente. Il pensiero pedagogico montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica.
Infatti l'introduzione della scienza nel campo dell'educazione è il
primo passo fondamentale per poter costruire un'osservazione obiettiva
dell'oggetto. L'oggetto dell'osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del bambino nella sua spontaneità ed autenticità. Infine, della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica
il fatto che, in essa, tutto l'ambiente sia pensato a misura di adulto.
In un ambiente così concepito il bambino non si trova a suo agio e
quindi nelle condizioni per poter agire spontaneamente.
La Montessori realizza del materiale didattico specifico per l'educazione sensoriale e motoria del bambino e lo suddivide in:
Il bambino è libero nella scelta del materiale. Tutto deve scaturire dall'interesse spontaneo del bambino, sviluppando così un processo di autoeducazione e di autocontrollo.
Maria Montessori sostiene l’assoluta importanza di far fronte al fenomeno dell’analfabetismo: il parlare senza saper leggere e scrivere equivale infatti a essere tagliati completamente fuori da qualsiasi ordinaria relazione tra gli uomini ritrovandosi a vivere in una condizione di menomazione linguistica che preclude i rapporti sociali e che in questo modo rende l’analfabeta un “extra-sociale”. “La persona che parla, disperdendo per l’atmosfera dei suoni articolati non è sufficiente. Bisogna che la parola diventi permanente, si solidifichi sugli oggetti, si riproduca colle macchine, viaggi attraverso i mezzi di comunicazione, raccolga i pensieri di persone lontane, e possa quindi eternarsi in modo da fissare le idee nel susseguirsi delle generazioni. [...] Per questo è che, mancando del linguaggio scritto, un uomo rimane fuori della società.”
Maria Grazia Cosima Deledda è nata a Nuoro il 27 settembre 1871 ed è morta a Roma il 15 agosto 1936. Scrittrice italiana, originaria della Sardegna vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1926. Esordì come scrittrice con alcuni racconti pubblicati sulla rivista "L'ultima moda" quando affiancava ancora alla sua opera narrativa quella poetica. Nell'azzurro, pubblicato da Trevisani nel 1890 può considerarsi la sua opera d'esordio. Nel 1903 pubblica Elias Portolu che la conferma come scrittrice e la avvia ad una fortunata serie di romanzi e opere teatrali: Cenere (1904), L'edera (1906), Sino al confine1911), Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), L'incendio nell'oliveto (1918), Il Dio dei venti1922). Da Cenere fu tratto un film interpretato da Eleonora Duse. La sua opera fu stimata da Capuana e Verga oltre che da scrittori più giovani come Enrico Thovez, Pietro Pancrazi e Renato Serra, e la sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (Santu Predu), è adibita oggi a museo. Grazia Deledda fu anche traduttrice, sua infatti una versione di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac. La narrativa della Deledda si basa su forti vicende d'amore, di dolore e di morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. È stata ipotizzata un'influenza del verismo di Giovanni Verga ma, a volte, anche quella del decadentismo di Gabriele D'Annunzio, oltre che di Lev Nikolaevič Tolstoj. Nei romanzi della Deledda vi è sempre un forte connubio tra i luoghi e le persone, tra gli stati d'animo e il paesaggio. Il paesaggio dei suoi romanzi e novelle è quello aspro della nativa Sardegna
che però non viene rappresentato secondo gli schemi veristici regionali
e nemmeno con la fantastica coloritura dannunziana, ma viene
rappresentato e rivissuto attraverso il mito.
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I critici si trovavano in difficoltà nel collocarla storicamente tra Verismo o Decadentismo. La sua opera finiva per non collimare mai né coi loro parametri né sulla "carta millimetrata del Novecento". Si pretese di giudicarla sulla base di schemi che non superavano la barriera del Naturalismo e di una teoria della lingua e dell'arte che non poteva comprendere la complessità del sistema letterario in Sardegna. Nel più recente dibattito sul tema delle identità e culture nel terzo millennio, il filologo sardo Nicola Tanda ha scritto: "la Deledda, agli inizi della sua carriera, aveva la coscienza di trovarsi a un bivio: o impiegare la lingua italiana come se questa lingua fosse stata sempre la sua, rinunciando alla propria identità o tentare di stabilire un ponte tra la propria lingua sarda e quella italiana, come in una traduzione. La Deledda, mettendo in comunicazione due sistemi linguistici e letterari diversi, l'universo del suo vissuto in lingua sarda e la sua riformulazione di quello stesso universo in un'altra lingua -mai rinunciando alla propria identità- inaugura una nuova, grande stagione narrativa.
Fonte:wikipedia.it
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