Passiamo un terzo della nostra vita dormendo perchè fisiologicamente, secondo la teoria dell' adattamento, l'uomo doveva riposare per poter essere pronto il giorno ad affrontare la quotidiana lotta tra la vita e la morte. Altri dicono che il sonno permette di conservare energia ma oggi sappiamo che l'attività celebrale ed il consumo di ossigeno è maggiore durante il riposo rispetto al periodo di veglia. Si da per scontato, in ambiente scentifico, la divisione del sonno in quattro fasi tra cui la più interessante e la cosidetta fase REM (rapid eye movements); la fase dei sogni.
Non ci si interroga più sull' argomento oggi. E' quasi superfluo parlarne. E si, oggi è così. C’è chi trasforma il Cogito ergo sum (penso dunque esisto) in un Amo ergo sum.....… Amo ergo sum… io esisto non perchè, non come diceva Cartesio, io sono un essere pensante che dubita, che nega… ma io esisto perchè amo , perchè sono amato … io esisto perchè sento la mia carne solo grazie al mio amante, esisto perchè qualcuno mi ha amato o si è amato… e quindi esistere è amare, ma anche sentirsi amato. Ma basta sentirsi amati? No. Secondo me non basta....
Difficile comprendere l’Amore, e per capirlo si deve anzitutto desiderarlo e se non lo si desidera, non lo si riconosce ed ecco che le logiche del potere economico e politico di questa orrenda società ci fanno credere di non doverlo considerare indispensabile; oggi non si deve perdere tempo ad amare a meno che non se ne ricavi un utile, un guadagno…ed invece è l'amore che dovrebbe essere il vero padrone della nostra coscienza…
E' l’ Amore che dovrebbe dominare le nostre vite e le nostre azioni; ma perchè oggi nella società come nella vita di coppia esso diviene indesiderato, denigrato.....…? e si!!! Non bisogna mai chiedersi: a quale scopo io sto amando?. Non chiedetevelo mai!!!!
In un primo momento, il più bello di tutti, l' amore è anonimo e giunge di sorpresa ma non sempre si comprende..... ed il dubbio rimane.... si conosce e dopo si ama o si ama e dopo si conosce? …e sapete chi è il vero amante? Il vero amante è il Don Giovanni allo stadio iniziale perchè ama facendosi avanti e senza chiedersi nulla in cambio, dando tutto senza conoscere, ama correndo il rischio di non essere ricambiato… poi però cade anche lui nel tranello della reciprocità e dunque non riesce ad amare fino in fondo… ed il tempo è tiranno... porta all'abitudine ma... ma l'amore resta sempre; nascosto dentro di noi resta sempre, ma è handicappato... gli manca l'espressione, sfigurata dal passare del tempo. Ed ecco che l' amore tradisce se stesso, è il tradimento dell'amore stesso.
Ma come si può intendere l’Amore? Filosoficamente parlando Amore è sentimento, che parte dalla bellezza del corpo per passare al bello in sè , la conoscenza e il bene in tutti gli aspetti della vita, verso la perfezione…
Ma la perfezione non esiste, non è mai esistita sulla terra e mai esisterà..... L'amore terreno è quindi rispetto nell' altro, cooperazione e sintonia, cuore e ragione unite nel combattere i problemi e le incomprensioni, nel mantenere, rifocillare e ristabilire l'equilibrio interiore che solo amando e sentendosi amati l'uomo può conquistare. Amore è rispetto verso la vita dell' altro e la sua accettazione come individuo diverso da me, con i sui modi di essere ed i sui "vizi"… bisogna sconfiggere all'orgoglio insensato, la menzogna spudorata, la vanità più esasperata, per non giungere al vuoto… 
Se oggi lo includiamo nella nostra vita lo dobbiamo fare in tutto, anche nei momenti di crisi sia interiori che esteriori cercando di capire, senza trascurare l' importante momento del "farsi capire"…
L'amore non è un mantello che si toglie e si mette… esso è sempre dentro di noi perchè se si ama non si finisce mai di amare. Un gesto di affetto deve essere capito, interpretato, raccolto e coltivato, ed a volte è importante anche chiederlo. Esso non deve essere un momento ma deve durare in eterno, nella nostra mente. I brutti ed i bei momenti vanno ricordati e tenuti sempre dentro di noi e non devono essere accantonati anche se nessuno li potrà capire all' infuori di noi stessi. Ci basta riconoscerli, e portarli sempre con noi.
Quanti dubbi ci concede la nostra mente nel momento in cui dobbiamo prendere
una decisione importante. Infiniti quesiti fanno da contorno all'azione da compiere che, a volte, può anche cambiare la vita. Se pensiamo a quante volte
c'è toccato decidere su una questione importante si capisce immediatamente
quanto la condizione mentale giochi un ruolo predominante nella scelta, ma non
è l'unica. Infatti ad influire nelle nostre decisioni non è solo il nostro
pensiero, che comunque è, e rimane determinante, ma anche tante piccole
indicazioni che ci vengono dall'esterno e ci forniscono, quasi su un piatto d'oro zecchino, un pensiero diverso,
alterato, anche incompleto. A volte queste, quando la mente è offuscata, stanca,
stressata, diventano forti, tanto forti da falsificare la miglior decisione da
prendere. La scelta nel decidere cosa può essere giusto e cosa può essere
negativo per noi stessi dovrebbe essere preceduta da una riflessione intensa, considerando il più possibile vari aspetti e condizioni; una
riflessione seria e obiettiva che in nessun modo dovrebbe essere condizionata
da fattori non ad essa direttamente collegati. La scelta è appannaggio dell' individuo e solo lui
può intendere realmente quale sia la cosa migliore da fare, ma capita a volte che la scelta viene subita; a volte una scelta non è solo un atto necessario ma, se le condizioni che si presentano possono rompere l'equilibrio, ecco che diventa un esigenza, un bisogno, una cosa da fare. Il pensiero ed il pensare sono tanto
importanti per l'uomo, perchè attraverso il ragionamento e la riflessione si
può trovare una pace interiore nella scelta presa o reagire a quella subita pronti ad una controazione che ripristini un equilibrio. Niente deve impedire di utilizzare la
dote mentale dell’uomo, il ragionamento e la riflessione intendo. La
convinzione di essere il solo ad aver agito allo scopo, di essere pervenuto
alla scelta, è indispensabile per la coscienza umana che si ribellerà nel
momento che capirà come ad influire nell' azione non è stato solo il nostro
pensiero ma tante piccole congetture che altri credono siano utili e quindi da
loro consigliate e se il pensiero consolida e fa proprie queste indicazioni
l’azione è ibrida. La nostra riflessione ed
il nostro ragionamento, sono loro che devono guidare l’azione. Sbagliare in una scelta può capitare, ed a volte capita di pentirsi e voler tornare indietro pensando che ciò sarà possibile; ma ripristinare una situazione precedente, che sicuramente ha anche portato alla scelta, diventa impossibile ed è anche inutile tentarci. Può solo essere camuffata la scelta antecedentemente presa, è come indossare una maschera, che non fa che accrescere la tensione dopo che l'equilibrio e stato distrutto. Solo avendo realmente pensato alle azioni procurate dopo l'azione ci si rende conto che, tornare indietro è irreale ed inrealizzabile. Nel momento in cui prendiamo una decisione tramutandola in azione qualcosa cambia e sarà inutile qualsiasi controazione. Niente sarà come prima e non ci resta che preparare, con il ragionamento e la riflessione, una nuova azione che cerchi di sovrapporsi alla prima, coscienti dell'impossibilità di tornare indietro, cercando di trovare un nuovo equilibrio che non sarà mai uguale a prima perchè un condizione di equilibrio perduta non esiste più. Questo non nega la possibilità di trovare uno stato di equilibrio migliore, magari anche inconsciamente cercato da tempo.
Ma cosa ci motiva a compiere un gesto, un azione, un comportamento? Interessante argomento questo, lo riassumiamo in una parola; la motivazione. Sarà mai possibile determinare preventivamente una azione di risposta ad una causa? Ovviamente parliamo di uomini che con la ragione, le pulsioni, i sentimenti cercano di esprimere, presentare, porre se stessi al giudizio degli altri e di se stessi. Aristotele diceva che la mente controlla il comportamento e che gli esseri umani sono liberi di scegliere cosa fare, e quindi le azioni sono dominio esclusivo della ragione. Questa è la dottrina del "libero arbitrio" che divenne uno dei capisaldi della religione protestante insieme alla salvezza grazie solo alla Fede.
Tra le argomentazione a base filosofica che più mi attraggo ve ne è una che, con grande significato, cerca di individuare le cause e gli effetti che portano l'uomo ad associarsi per raggiungere un suo fine. Come nella coppia, tanto nella società, questo spirito degli individui umani che si uniscono tra loro solo alla scopo di realizzare un reciproco interesse è insito in noi e difficilmente un uomo solo realizzerà un suo fine. La spinta ad associarsi nasce dal bisogno primario dell'uomo, l'autoconservazione; la libera ricerca della felicità e la tutela della vita sono un motore inesauribile della nostra coscienza che spinge a raggiungere lo scopo prefissato, ma se questo non è raggiungibile da soli allora l'uomo razionale cerca di associarsi in tal modo da unire forza, intenti, possibilità, motivazioni nella soddisfazione del bisogno. Se inteso come strumento di potenziamento e di miglioramento della condizione sociale e naturale dei singoli l'associarsi ha un senso. In esso il singolo trova ciò che l'uomo cerca.... supporto e aiuto morale, ed anche fisico. E nell'associarsi che l'uomo deve rispettare delle regole che valgono sia per lui che per tutto il gruppo; si tratta dell' autogestione e dell' autogoverno in quanto queste due forme razionali di porsi agli altri devono essere intese ed accettate per evitare la rottura improvvisa del rapporto istaurato. Secondo il mio parere unirsi per collaborare è tra le funzioni razionali che l'uomo può sfruttare per realizzare i suoi bisogni che sono anche i suoi interessi e quelli degli altri. E' nella cooperazione che l'uomo riconosce se stesso come parte di un tutto, che può essere una coppia, una squadra di calcio ma anche un industria, un partito politico, un associazione di paese. Associarsi col fine di collaborare è una delle doti più importanti che l'uomo possiede e sin dal periodo preistorico gli uomini si associano ritrovandosi in gruppo; quando questi capirono che unirsi significava possibilità di sopravvivenza gli uomini si legarono lasciando la loro individualità, o meglio, trasformandola in autogestione personale e autogoverno del singolo in confronto al gruppo. Perdere queste qualità significa ritrovarsi come in un tunnel buio in cui l'uscita, vista come obbiettivo, è lontana; molto lontana.
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