Nel 1638, l'Università di Messina fondò l'Hortus Messanensis, il più antico della Sicilia e chiamò Pietro Castelli, da Roma,
per realizzarlo. Castelli utilizzò un innovativo ed originale sistema
di classificazione delle piante, che furono collocate in quattordici
classi, nell'Hortus, le classi furono riunite in quattro hortuli,
Castelli quindi anticipò la disposizione che oggi si darebbe ad un
moderno Orto Botanico. Pietro Castelli fu sostituito da Marcello Malpighi (nella foto),
fondatore dell'istologia e dell'anatomia vegetale. Marcello Malpighi
condusse a Messina, sulle piante dell'Hortus Messanensis, gran parte
delle sue osservazioni scientifiche, che furono poi pubblicate nelle
sue opere Anatomes Plantarum Idea, e poi nell' Anatome Plantarum,
Largo
era il numero dei giovani triestini che si recavano a compiere gli
studi universitari nel Regno d'Italia, con preferenza per le Università
di Padova e Bologna, per gli studi giuridici, e Firenze per quelli
letterari. In quest’ultima sede, un gruppo di giovani particolarmente
attivo, tra i quali primeggiavano Slataper e i fratelli Stuparich,
entrato in contatto con il movimento letterario che faceva capo alla
rivista La Voce, ebbe un ruolo fondamentale di collegamento tra la cultura triestina e quella nazionale. I primi due quaderni de La Voce, editi nel 1910, furono opera di Ferdinando Pasini, trentino di nascita e poi professore a Trieste, intitolata La Università italiana a Trieste.
Tra i giuristi emerge con valore emblematico la figura di Giacomo
Venezian, nato a Trieste nel 1861 in famiglia di antiche tradizioni
patriottiche, nipote di un caduto nella difesa della Repubblica Romana
e cugino di Felice Venezian, il maggior esponente politico del
movimento liberal-nazionale a Trieste. Giacomo Venezian fu attivo fin
dai più giovani anni nel movimento irredentista; arrestato, incarcerato
per nove mesi, poi processato e prosciolto, si recò in Italia per
seguire gli studi di giurisprudenza a Bologna e ivi laurearsi.
Intrapresa la carriera universitaria, fu professore incaricato a
Camerino, quindi titolare di cattedra a Messina e poi a Bologna per il
diritto civile, dando fondamentali contributi alla disciplina con le
opere sull'usufrutto e la causa dei contratti. Sempre animato da
passione politica e civile irredentista fu tra i fondatori della Dante
Alighieri, consigliere comunale a Bologna. All'atto dell'intervento
del1'Italia nel primo conflitto mondiale, chiese e ottenne di essere
assegnato in servizio attivo al fronte e trovò morte eroica alla guida
del suo reparto nell'assalto di posizioni austriache a Castelnuovo nel
Carso i1 20 novembre 1915. Alla sua memoria fu conferita la medaglia
d'oro al valor militare.
Fu
un patriota, un garibaldino sostenitore convinto di quell'Unità
d'Italia che, con l'annessione della Sicilia al Piemonte, era divenuta
realtà.
Il grande erudito e poeta messinese fu un abile traduttore e critico, la sua fama è legata al fatto di avere composto versi non solo in italiano ma anche in francese e in dialetto siciliano riuscendo a riprodurre la musicalità della poesia romantica francese.
Ancora giovane, il letterato messinese fu uno stimato traduttore di opere straniere, tra queste è da citare la traduzione del poema nazionale spagnolo "El Cid" e la traduzione del romanzo di Victor Hugo "Le Orientali". A tale proposito occorre ricordare la grande amicizia che legava il giovane poeta messinese a Victor Hugo che aveva sessantuno anni all'epoca della frequentazione di Cannizzaro presso la famiglia del grande drammaturgo.
Un giorno Hugo, passeggiando con il giovane amico messinese, appoggiandosi al suo braccio, ebbe modo di dire: "Je m'appuis sur votre jeunesse".
Le opere di maggior rilievo di Tommaso Cannizzaro sono:
"Ore segrete" - 1862; "In solitudine" - 1876; "Cianfrusaglie" - 1884; "Tramonti" - 1892; "Gouttes d'ame" - 1892; "Quies" - 1896; "Vox rerum" - 1900.
Tra il 1903 e il 1908 pubblicò alcuni scritti di critica letteraria e storica e nel 1904 la traduzione della "Divina Commedia".
A Tommaso Cannizzaro sono intitolate una Via del centro cittadino e la Biblioteca comunale dove è conservato un epistolario sulla sua corrispondenza, numerosi manoscritti, versi ed altre opere rimaste inedite.
Nel
1898, In gennaio, Giovanni Pascoli si trasferisce a Messina con la
sorella Maria e Gulì. La Sicilia, così remota dai luoghi famigliari,
fomenta l'immaginazione e il ricordo. Compone proprio qui alcune poesie
che andranno a far parte dei Canti di Castelvecchio. A Messina, presso
l'Accademia Peloritana, commemora il latinista Diego Vitrioli (nel 1845
aveva vinto la medaglia d'oro nei certamina hoeufftiana) con il
discorso Un poeta di lingua morta. Ma nel complesso conduce una vita
ritirata che compensa con le varie frequentazioni di Castelvecchio,
Barga e Lucca durante i mesi estivi. Oltre ai vicini di casa, i
Caproni, gli Arrighi e i Mere, stringe amicizia con il giovane umanista
Manara Valgimigli, il bibliotecario Gabriele Briganti e
l'intraprendente Alfredo Caselli, proprietario di pasticceria e
drogheria nella lucchese via Fillungo. Riceve una lettera di Filippo
Tommaso Marinetti: il Futurismo trae incentivo dalla sperimentazione
linguistica pascoliana. Alla fine dell'anno è di nuovo a Messina dove
si ammala di tifo.
Nel 1901 pubblica una nuova antologia di letture per le scuole, Fior da fiore. Commemora a Messina i vent'anni della morte di Garibaldi (2 giugno) con un discorso: Garibaldi avanti la nuova generazione. Il tono è quello di un collaudato maestro di vita, che predica ideali umanitari, prolungamento decantato del socialismo giovanile. Esce da Muglia il terzo volume dantesco, La mirabile visione. Abbozzo di una storia della Divina Commedia.
Nel 1902 gli amici barghigiani (il senatore Mordini in testa) conducono le trattative per l'acquisto della casa di Castelvecchio. In marzo torna da Messina per prenderne possesso, ma è angosciato dagli Arrighi, i vicini con i quali, nell'ultimo anno, sono sorte controversie si allontana dalla città….

Nel
1972, Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo decisero di istituire una
Fondazione che attraverso delle borse di studio consentisse ai giovani
laureati in Medicina e Giurisprudenza di frequentare stage di
perfezionamento entrambi erano convinti di poter coniugare l'efficienza
del settore privato con le finalità "sociali" dell'impresa. La
redistribuzione "mirata" dei profitti nel campo della cultura e della
qualificazione professionale, era, infatti, secondo loro il modo
migliore per stimolare la crescita della società meridionale. Bonino in
particolare sapeva fondere la mentalità del settentrionale con la
tenacia tipica della nostra terra. Egli, infatti, nato a La Spezia il
13 marzo 1901 da Teofilo e Luisa Vignolo Koller (un suo bisnonno fu
presidente del primo Senato del Regno d'Italia), si trasferì a Messina
dove il padre era stato destinato come ammiraglio. Manifestò sin dalla
giovane età una notevole capacità manageriale che lo portò in pochi
anni a diventare (1927) amministratore delegato della Molini Gazzi Spa.
Collaborando con il suocero, Gian Silvestro Pulejo, egli contribuì in
misura considerevole al potenziamento degl'impianti e all'estensione
della rete distributiva. In seguito (1939) divenne presidente della
Banca di Messina. Nell'immediato dopoguerra coordinò la ricostruzione
degli stabilimenti, distrutti completamente dai bombardamenti
angloamericani e decise subito dopo d'intraprendere la carriera
politica militando nel Partito liberale. Eletto deputato all'Assemblea
costituente, contribuì attivamente a porre le basi giuridiche della
nuova Repubblica e venne confermato nel 1948 alla Camera. Le vicende
politiche dell'epoca lo indussero, nelle elezioni del 1953, a scegliere
il Partito monarchico: fu un'altra lusinghiera affermazione. Nel
frattempo aveva già fondato (aprile 1952) la "Gazzetta del Sud",
quotidiano destinato a divenire in breve tempo leader nell'area
siculo-calabra. Il giornale divenne uno strumento importante per le
affermazioni degl'ideali ispirati alla tolleranza democratica e al
libero mercato propri di Bonino.
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