Le investigazioni sono partite nel 2006 e hanno preso spunto dallo scontro al vertice tutto interno tra Tindaro Calabrese e Carmelo Bisognano. Quest’ultimo storico capo dei mazzarroti era in carcere da novembredel 2003. All’inizio Calabrese lo aveva estromesso dalle attività illecite e, grazie anche all’appoggio di Carmelo Salvatore Trifirò, si era imposto nel controllo di numerosi appalti. Su tutti spicca quello sui lavori di ripristino della galleria Valdina sulla tratta ferroviaria ed autostradale Messina-Palermo. Tra gli appalti controllati dal gruppo criminale anche quello della metanizzazione e della messa in opera di fibre ottiche in vari comuni peloritani, e ciò attraverso l’accaparramento delle attività di movimento terra e delle forniture di inerti e conglomerati cementizi. Il clan, inoltre, prestava particolare attenzione a tutto l’indotto relativo alla gestione delle discariche di Mazzarrà S. Andrea e Tripi, dove convergono i rifiuti solidi urbani e speciali dell’intera provincia di Messina.
Con l’operazione vivaio è stato inflitto un duro colpo ad uno dei sodalizi criminali più pericolosi della provincia tirrenica e nebroidea, che ormai da tempo controllava numerose attività economiche.
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18 luglio 2008 - Operazione Case Basse: 28 arresti. I carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale, con l’ausilio del Nucleo Elicotteri di Catania e delle unità cinofile di Nicolosi, hanno eseguito in varie località del territorio nazionale, un’articolata ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 28 personaggi di spicco della criminalità messinese accusati, ognuno a vario titolo e con vari ruoli, dei reati di associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di esplosivo, armi comuni da sparo e da guerra, spaccio di stupefacenti. Il blitz ha avuto inizio alle ore 4, quando simultaneamente i carabinieri hanno fatto irruzione nelle abitazioni degli arrestati, sorprendendoli nel sonno prima che potessero tentare la fuga.
operazione di servizio costituisce pertanto il naturale esito di tale complessa ed articolata attività di indagine e muove dai dati di fatto accertati, e processualmente documentati nei provvedimenti citati, dell’esistenza di un gruppo criminale di tipo mafioso articolato in due tronconi, entrambi collegati al detenuto Marcello D’Arrigo: il primo con riferimento territoriale nel quartiere Santa Lucia Sopra Contesse facente capo a Daniele Santovito ed il secondo, avente al vertice Gaetano Barbera, operante nella zona di Giostra, caratterizzati da patti di reciproca assistenza, con scambio di uomini e di armi da fuoco, possedute in quantitativi rilevanti. Promotore dell’organizzazione è comunque emerso essere Pietro Trischitta. Dai sequestri operati emerge con tutta evidenza la pericolosità e la capacità di azione della consorteria criminale: esplosivo, mitra di tipo da guerra Kalashnikov, pistole e munizionamento rilevanti per potenzialità e quantità. Dati oggettivi che evidenziano come il controllo del territorio, i progetti di soppiantare lo storico gruppo di Giacomo Spartà dalla zona di Santa Lucia Sopra Contesse e dai quartieri limitrofi, la preparazione di omicidi, l’asse comune con la costola del gruppo facente capo a Gaetano Barbera ed avente come riferimento Giostra e la zona centro-nord della città, non fossero progetti ideati ed ancora in corso di programmazione, bensì poggiassero su una realtà già di fatto consolidata ed in grado di contare su uomini e mezzi adeguati alla sua concreta realizzazione.
Molteplici gli interessi criminali curati dal gruppo: dal settore delle estorsioni, organizzate su vasta scala e poste in essere tanto nel tradizionale sistema dell’imposizione del pizzo quanto nella più raffinata tecnica di imporre l’assunzione di propri uomini, in genere familiari degli associati, così garantendo un reddito certo mensile, sino al traffico di sostanze stupefacenti ed altro. Nel corso dell’attività investigativa, durata quasi due anni, particolarmente pregnante, sotto il profilo probatorio, è stato il già citato sequestro operato dal Reparto Operativo nell’officina meccanica di Carmelo Bruno. In tale officina, sita in Villaggio Zafferia, gestita da Carmelo Bruno, 48 anni, sono state rinvenute abilmente occultate dentro due compressori di cui uno efficiente, una pistola marca Pietro Beretta - Gardone, calibro 7,65, con matricola abrasa, alterata con silenziatore completo di tamponi, relativo caricatore, 44 cartucce dello stesso calibro, uno scovolino per pistola. Nel compressore mobile, non funzionante, che era stato trasformato in un vero e proprio deposito, mediante un taglio all’estremità del serbatoio, erano abilmente occultate: un Kalashinkov; una rivoltella priva di marca e matricola; una pistola marca Beretta calibro 6,35 matricola abrasa completa di serbatoio; una pistola 357 magnum Smith & Wesson; una pistola calibro 22; un involucro di carta stagnola che avvolge esplosivo con miccia, del peso lordo di 540 grammi circa ed un elevato numero di cartucce di vario tipo.
Ad occuparsi delle armi, delle quali si assume la titolarità Daniele Santovito, titolarità peraltro riconosciuta da tutti i compartecipi, sono numerose persone che ne curano la custodia, l’inventario, la catalogazione ed il successivo trasporto sino all’officina del Bruno, il quale si assume il compito di tenerle celate in luogo sicuro, pronte alla bisogna. La verifica di fatto delle singole condotte e dei collegamenti interpersonali finisce per delineare con chiarezza anche la tipologia organizzativa della costola associativa avente come riferimento Daniele Santovito, laddove emerge con tutta evidenza il dato parentale del coinvolgimento di familiari ed affini nel gruppo organizzato con partecipazione diretta e consapevole alle finalità criminali perseguite. Si appalesa poi quasi superfluo sottolineare la notevole capacità di fuoco del gruppo, accertata come derivante dal numero e dal tipo di armi sottoposte a sequestro, elemento che, in questa fase processuale, depone a caposaldo delle pressanti esigenze cautelari che il provvedimento richiesto mira a salvaguardare. In tale fase temporale il gruppo è particolarmente attivo, risultando infatti avviati i contatti con l’area di Giostra facente capo a Gaetano Barbera, ed è in preparazione l’attentato omicidiario ai danni di Nino Spartà.
Di particolare rilievo, poi, il settore di interesse associativo collegato alle estorsioni agli imprenditori commerciali, attività esercitata in modo sistematico dalla cosca criminale e predisposta e programmata su base territoriale. Sul punto si evidenzia come le indagini abbiano consentito di accertare, come tra i due gruppi (Santovito e Barbera) vi fosse un accordo secondo il quale il gruppo di Santovito si occupava degli esercenti della zona Sud gestendo (in accordo o in disaccordo a seconda dei casi) la convivenza con il gruppo Spartà, mentre Barbera con i suoi uomini, gestiva autonomamente gli interessi estorsivi nella zona Nord della città. Non vi era sul punto interscambio di utilità ed i due gruppi mantenevano la propria autonomia, sia sotto il profilo esecutivo sia sotto il profilo economico. La stabile dedizione dei prevenuti al traffico degli stupefacenti, poi, accertata per un apprezzabile lasso temporale, denota l’attitudine ad individuare in tali condotte una insostituibile fonte di reddito. Nel corso delle indagini durate complessivamente 2 anni, sono state arrestate 16 persone e sequestrate numerose armi da fuoco di vario calibro con le relative munizioni. La soddisfazione dei carabinieri del Reparto Operativo e della Procura Distrettuale Antimafia è elevata sia per la qualità delle indagini sia perché si è certi di aver prontamente stroncato due gruppi criminali che avrebbero certamente minato l’integrità del tessuto sociale di Messina. All’operazione hanno partecipato complessivamente oltre 100 carabinieri.
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