E' uno dei pochi, forse l'unico assessore comunale che sta svolgendo a pieno la sua funzione. La collaborazione istaurata con la Galleria degli uffizi di Firenze, l'esposizione delle opere di Rubens e Caravaggio, sono solo alcune delle iniziative che Giovanni Ardizzone sta compiendo per la nostra città nella carica di Assessore alla Cultura.
Ma c'è chi non ci sta in quanto si suppone un incompatibilità tra le cariche assunte. Assessore Regionale, Vice Sindaco, Assessore alla Cultura del Comune.
Ad esprimere perplessità è l'Avv Catalioto che, per conto di Nino Reitano, ex assessore provinciale e primo dei non eletti nell’ultima tornata elettorale non più nelle file dell'Udc ma nel Pdl in quota Briguglio, sostiene:
"Dopo la pronuncia dei Giudici Costituzionali il giudizio riprenderà dinnanzi al Tribunale di Palermo che si pronuncerà entro 8 mesi con sentenza definitiva di primo grado in conformità all’orientamento dettato dalla Corte. La questione è stata sollevata - sostiene Catalioto - perché a mio giudizio la L.r. 22/07, consentendo il cumulo delle cariche di sindaco o assessore e di deputato regionale, costituisce un ingiustificato ed irrazionale privilegio nei confronti dei deputati regionali siciliani che, unici in Italia, potrebbero appunto ricoprire contemporaneamente le due cariche elettive. Anzi la speciale ed ampia autonomia accordata dallo Statuto Siciliano renderebbe ancora più stringente la necessità di mantenere il divieto di cumulo di dette cariche ancor di più per una città metropolitana come Messina capoluogo di provincia con oltre 250.000 abitanti. A riguardo la Corte Costituzionale, in fattispecie analoghe, si è già pronunciata con le sentenze nn. n. 84 del 15/3/94 e 201/04. Pertanto, sulla scorta di tali precedenti, se in termini tecnici giuridici si vuole dare un giudizio all’ordinanza del Tribunale di Palermo questa deve valutarsi favorevolmente alle ragioni del Dr. Reitano. E’ del tutto evidente che la questione, al di là del caso singolo (a Messina non è il solo), assume una valenza regionale dagli effetti potenzialmente dirompenti".
Il
ponte sullo Stretto
resisterebbe a un movimento sismico di quella forza? Nella migliore
delle ipotesi, nessuno lo sa. Ed era stata proprio quest’incertezza a
dissuadere i giapponesi. Purtroppo non ha dissuaso il Pus (Partito
unico siciliano).
Negli ultimi dieci ha puntato forte sul ponte (sono in ballo almeno 10
miliardi di euro) godendo pure di fortune impreviste. Persino il
governo Prodi, che ne aveva escluso la costruzione, ha in fondo tenuto
in vita il progetto. Il ministro Di Pietro, infatti, anziché liquidare
la società ‘Stretto di Messina’, la mise in naftalina. Però è stato
questo suo atto a consentire il rilancio dell’opera appena Berlusconi è
tornato al governo la scorsa primavera.
Il premier sosteneva d’interpretare la volontà dei siciliani. Tesi
assai azzardosa: in realtà interpretava la volontà dei suoi amici e ignorava di ripercorrere le strade di tanti che hanno spesso
mascherato i propri bisogni con i presunti desideri del popolo isolano.
Il primo a comportarsi così fu nel 1945 Andrea Finocchiaro Aprile,
leader del separatismo siciliano, benché figlio di un toscano e
iscritto a una loggia massonica anti regionalista: garantì ad americani
e inglesi, al tempo padroni dell’Italia, che il
novanta per cento degli isolani era prontissimo ad impugnare il fucile
in caso di mancata indipendenza. Al momento del suo massimo fulgore
l’esercito di Finocchiaro Aprile
arrivò a contare 56 volontari. Anche il ponte è in realtà circondato
dalla stessa indifferenza. Lo vogliono i pochi che ne godranno gli ampi
benefici economici, sono disinteressati o addirittura contrari tutti
gli altri. Messina, la città più coinvolta, si oppone
in maniera ormai netta, malgrado l’enorme influenza in città dei
fratelli muratori, tra i massimi referenti del progetto.
Ha poi provveduto la crisi economica a raffreddare gli entusiasmi e soprattutto i finanziamenti del Cipe per avviare una costruzione dai tempi smodatamente lunghi. Secondo i suoi agiografi potrebbe esser pronta nel 2017 quando in Cina hanno impiegato quattro anni per edificare nella baia di Hangzhou un ponte di 36 chilometri, la stessa distanza che intercorre fra Padova e Venezia. La società capofila del consorzio vincitore è sempre l’Impregilo, della quale le cronache si sono molto occupate per i problemi sorti in Campania sul fronte degli inceneritori. Proprio sugli ottimi rapporti con l’Impregilo puntavano i dirigenti della Calcestruzzi per inserirsi nell’affare. Finché gli inquirenti non l’hanno fermata, la Calcestruzzi ha imperato in Sicilia quasi in regime monopolio – l’80 per cento del mercato era suo - grazie alla protezione delle cosche mafiose. I magistrati della procura di Caltanissetta sostengono che per procurarsi i fondi neri da versare ai boss il suo prodotto avesse fino al 30 per cento in meno di conglomerato cementizio. Da mesi i periti esaminano viadotti, ponti, palazzi, strade, dighe. Esiste il diffuso timore che molti lavori andranno rifatti per non mettere a rischio l’incolumità pubblica. Se la Calcestruzzi avesse usato gli stessi metodi nei suoi interventi sul ponte, avevano anche aperto un ufficio a Messina in vista dei futuri affidamenti, quali sarebbero state le conseguenze per i milioni di clienti con il 30 per cento in meno di calcestruzzo nei pilastri della campata? Operazioni recenti condotte dalla Dia e dall’Fbi hanno raccontato che alcune grandi ‘famiglie’ mafiose americane - i Rizzuto, i Cuntrera, i Caruana, i Bonanno – già nel 2005 avevano pronti 5 miliardi di dollari da investire nel ponte. Irreprensibili ingegneri e finanzieri sono finiti in galera, ma i 5 miliardi sono sempre pronti come sono pronte le ‘ndrine della piana di Gioia Tauro, che furono convinte dagli emissari d’oltre Oceano a chiudere la faida, perdurante dal ’91, per concentrarsi sul “miglior affare di tutti i tempi”.
di Alfio Caruso; Fonte:giornalettismo.com
Ogni anno, quintali di materiale si sgretola andando a franare sulla strada di collegamento tra il villaggio inferiore e superiore.
Sempre sottovalutato un pericolo che incombe sul paese di Larderia. Alcune abitazioni, e parte della Sp 39 per Larderia Sup.
rischiano l'apnea sotto migliaia di quintali di terra che ogni anno
vengono giù da una presunta montagna.
Presunta montagna perchè, nonostante la sua imponenza, ogni volta che piove con intensità si sbriciola come un biscotto dentro
una tazza di latte. Qualche anno fa, circa 500 mq di terra e pietre hanno paralizzato quel
tratto di strada ed è stata solo una fortuna che, in quel momento, non passasse
qualcuno. A Larderia il rischio è altissimo tutti i giorni. Prima che possa accadere la tragedia, che speriamo non succeda mai, non
si potrebbe mettere la classica rete protettiva?
Interrogazione parlamentare oggi in Aula sul Ponte sullo stretto da parte di Capodicasa, Berretta, Burtone, Carra Enzo, Causi, Antonino Russo al Ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti per verificare la fattibilità della realizzazione del
Ponte sullo Stretto di Messina. Gli esponenti politici esprimino forti perplessità sulla
costruibilità e sull'economicità dell'attuale progetto del Ponte sullo
Stretto.
"Uno studio recentemente pubblicato denuncia numerose criticità del
progetto del Ponte sullo Stretto: viene messa in discussione la
costruibilità e l'economicità dell'opera". Lo dice l'on. Angelo
Capodicasa, deputato del Partito Democratico che, insieme a Giuseppe
Berretta, Giovanni Burtone, Enzo Carra, Marco Causi, Tonino Russo, ha
presentato un'interrogazione al Ministro delle Infrastrutture per
chiedere che si "valuti la possibilità di modificare il progetto
adottando scelte progettuali maggiormente affidabili e meno costose".
"Il
dott. Remo Calzona – che è stato coordinatore del comitato
tecnico-scientifico della Stretto di Messina – denuncia la possibilità
che a causa del vento si verifichi il fenomeno del galopping e per ciò
il Ponte potrebbe essere chiuso anche cento giorni l'anno. Anche alle
Ferrovie dello Stato – continua Capodicasa - prevedono tale possibilità
e manterranno dei traghetti per assicurare l'attraversamento delle
Stretto nei giorni in cui il Ponte dovesse essere chiuso per motivi di
sicurezza. I siciliani devono sapere se è vero che il Ponte,
che viene presentato come la soluzione di tutti i loro problemi, sarà
chiuso per cento giorni l'anno".
"Lo studio mette in discussione
molti aspetti del progetto e propone soluzioni alternative più sicure e
meno costose. L'autorevolezza della fonte da cui vengono queste
perplessità, e la gravità del critiche che vengono mosse al progetto
imporrebbero una riflessione approfondita sulla possibilità di
modificarlo. Viene messa in dubbio la possibilità che l'opera possa
essere realizzata e la sicurezza stessa dell'Infrastruttura. Una opera
di tale entità – conclude il parlamentare del PD - che richiede anche
uno sforzo finanziario tanto notevole non può essere gravata da tante
incognite".
I project financing a Messina hanno fallito. Lo sostiene l'Ance Messina (Associazione Nazionale Costruttori Edil) che ha sempre sostenuto la validità del project financing in quanto
consente la realizzazione di importanti strutture a servizio del
territorio senza impegnare esclusivamente le risorse pubbliche. L’Ance Messina ritiene che, probabilmente nella città dello Stretto prevalga sempre un concetto dell’economia troppo legato al
predominio ed al controllo della mano pubblica, frustrando, in tal
modo, qualunque iniziativa privata.
L'Associazione crede che anche nella nostra città sia giunto il tempo di concretizzare uno sforzo comune che coinvolga le forze imprenditoriali, sindacali, commerciali, culturali, scientifiche, politiche e amministrative affinché il territorio non perda nemmeno una delle occasioni di sviluppo che possono essere colte nei più diversi ambiti.
"Nessun project financing concepito nel Comune di Messina - sostiene l'Ance - ha completato il proprio iter. Dai dati statistici si vede l’assoluta impossibilità di portare a compimento un qualsivoglia procedimento di questo tipo nella nostra città. Nel corso degli ultimi 15 anni, infatti, in numerose occasioni si è tentato, da parte di tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute, di utilizzare l’apporto di capitale privato per realizzare opere di interesse pubblico. I risultati sono stati davvero sconfortanti: nessun project concepito nel Comune di Messina ha completato il proprio iter e ciò soprattutto per l’assenza di qualsiasi tipo di negoziazione che potesse rendere equilibrato il rapporto tra l’interesse della parte pubblica e il giusto profitto dell’investitore privato".
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